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giovedì, giugno 26, 2008

Regalo di Natale

Calzini e cravatta
L’anno prossimo un paio di calzini e una cravatta. Al massimo posso integrare con una mutanda. Di certo non si replica il regalo di quest’anno. A me sembrava carino che un regalo fatto a Natale potesse essere “incassato” il 25 giugno, era come riceverlo due volte. Invece no, l’ho visto più entusiasta dal dentista, solo qualche ora prima.

Questo è un concerto rock, baby
Prima di ritrovarci appollaiati sui seggiolini buffi del primo anello di San Siro. Prima che The Boss chiedesse a quella marea umana se faceva abbastanza caldo. E sì che ne faceva, lì sulle scalinate ci saranno stati 37 gradi, non un filo d’aria, mica come sul prato. Dove per fortuna siamo riusciti ad atterrare, a mezz’ora dalla fine, sentendoci come se fossimo appena stati liberati da San Vittore. Questo è un concerto rock, baby, mica una prima alla Scala o una festa dell’oratorio. Qui c’è sudore e adrenalina, e chissene se abbiamo una certa età.

Se torno a nascere faccio la rockstar
Dopo trenta secondi ho scoperto qual è il mio più grande desiderio: invecchiare come lui. A 58 anni cantare, suonare, ballare e tenere un pubblico di 62.000 persone per tre ore, senza fermarmi un attimo. E anche mettermi a correre per i 25 metri del palco e arrivare alla fine scivolando sulle ginocchia mentre brandisco la chitarra, alta sulla testa, con una sola mano. Senza rompermi il menisco o farmi saltare il crociato. Comincia ad allenarti.

La rivincita del corpo
Un concerto allo stadio non è un’esperienza di ascolto. In teatro si ascolta. Forse anche in spazi meno raccolti, ma comunque al coperto, si ascolta. Il concerto allo stadio è altro. È un’esperienza multisensoriale. La vista è importante ma mica per vedere lui, che tanto se non sei sotto il palco non lo vedi: serve per vedere quello che succede attorno. Per vedere che effetto fa trovarsi in mezzo a un catino pieno di gente che canta, balla, alza le braccia verso il palco, fa foto, fa riprese, fa dondolare fiammelle. E anche ascoltare ha i suoi limiti: il fatto è che si sente quasi più il pubblico. Ma il tatto no, quello è fondamentale. Ogni singolo centimetro della pelle deve poter sentire le vibrazioni della musica, e delle persone che stanno attorno. Deve sentire lo spessore dell’aria, e il gusto del sudore, e la grana delle note, e la temperatura delle luci, e insomma tutte quelle cose che ti fanno rendere conto di colpo che hai un corpo, e che in ogni cellula del tuo corpo c’è, tutta quanta, la tua anima.

12 commenti:

  1. Porc...Grande Giuli... a leggere il post precedente mi s'è sciolto tutto il rimmel porcaloca...con questo post m'hai fatto sognà...grande Bruce...è troppo figo!

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  2. Ma tu non eri quella che piangeva ascoltando musica???? E come te la sei cavata?

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  3. @ lemoni: sì, è un figo pazzesco, ma non potevo rilevarlo troppo a voce alta, visto che mio marito era già incazzato per la faccenda del regalo :D

    @ laura: beh, per i primi 20 minuti ho pianto. regolare, no?

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  4. Come sono vere le tue parole.... e quanto (troppo) tempo dall'ultimo concerto che ho visto.
    Bisognerà rimediare ;-)

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  5. gallinavecchia, ci andiamo insieme al prossimo concerto? ;)

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  6. bello! mi hai fatto sentire la chitarra nella pelle.

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  7. @ piattini: la chitarra E' nella pelle :)

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  8. Anonimo16:38

    Giuliana,

    la prossima volta che hai un bliglietto per il Boss, regalalo a me ... anche 24, 36, 48 mesi prima !!!

    Con il Boss finisce il concerto e ti viene voglia di tornare in biglietteria a dare altri soldi: quello che da è sempre di più, molto di più.

    Alla faccia di tutti i cantantini che, dopo che una loro canzone va in classifica, si atteggiano a Super VIP.

    Viva il Boss !!!

    Ciao, Fabio

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  9. @ fabio: la prossima volta organizziamo una bella corriera via blog e ci portiamo solo quelli seriamente intenzionati a godersi la serata :D
    per il resto, sono d'accordo con te

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  10. guardiamoci in faccia!! la redazione di mammenellarete si presenta sulla home page del sito ...

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  11. Anonimo08:02

    Questo dimostra che noi quasi sessantenni abbiamo ancora mooolte cartucce da sparare. Con invidia.

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  12. @ maurice: io ADORO questo modello di quasi sessantenne. chissà se lo fanno ancora

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