Mirna è un cartone animato vivente, la trasposizione in carne e ossa di Taz, il Diavolo della Tasmania, hai presente? Appena entra in casa non si concede neanche 5 secondi per togliersi la giacca a vento, e subito comincia a roteare in giro, apre finestre e armadi, disfa i letti, fa partire la lavatrice, spruzza acqua sul bucato asciutto prima di inamidarlo e di ridurlo alla ragione, dritto e liscio che manco appena uscito dal negozio. Poi lava piatti, batte tappeti, mette tutto in ordine, si arrampica sui davanzali e lava i vetri finché non si vede di nuovo fuori, ma così bene che sembra di guardare il mondo in DVD, mentre nel frattempo i vicini del palazzo di fronte raccolgono scommesse su quanto riuscirà a rimanere là in bilico prima di cadere giù. Bastardi.
Tutto questo mentre io non ci sono. Me l’hanno raccontato. Ospiti passeggeri a casa mia, o, appunto, vicini del palazzo di fronte. Al pensiero rabbrividisco.
Insomma, venerdì torno a casa e tiro un sospiro di sollievo: è tutto in ordine (rimarrà così solo per un quarto d’ora, ma non importa), tutto pulito, la casa sembra perfino più grande. E sul tavolo della cucina c’è un messaggio. Che dice: “SIG. IO COMPRA CANDEGGINA (X2) SGRASSATORE VIAKAL, CE SCONTRINO.” Che fin qui tutto bene, tutto nella norma, compreso il fatto che con due flaconi da 3 litri di candeggina, ma che ci fai, bella la mia filippina, te la bevi??? Comunque il messaggio non era finito: “LAVATRICE NO CENTRIFUGA” Oh, cazzarola, questa no! “FORSE SOLO TROPO CE SPORCO EN EL BUCO SOTO”. Spero si riferisca al filtro, se no la faccenda si fa torbida.
Controllo, in lavatrice ci sono le lenzuola immerse nell’acqua. Pastrugno un po’, poi la centrifuga parte. Uff! ci mancava solo la lavatrice rotta!
Però questa dei messaggi di Mirna è una tradizione straordinaria. È in Italia dal 2000, ma – come spesso accade – non parla italiano. E neanche inglese. Si esprime in verità con un italiano per caso, che solo la mia portinaia riesce a capire. Forse perché anche lei condivide un eloquio simile (ci siamo più volte immaginati una conversazione tra Mirna e Lena, la portinaia, e siamo sempre giunti alla conclusione che devono pensare l’una dell’altra che ecco, finalmente hanno trovato una persona con cui si può comunicare senza dover ripetere duemila volte le stesse cose, anche se ha un accento proprio strano, chissà di dov’è). E allora abbiamo visto che con i bigliettini (che sono proprio tipo pizzini) invece ci si poteva dire un sacco di cose, molte di più di quante ce ne si possa dire a voce, visto che tutte le volte che le dicevo qualcosa la sua risposta è sempre stata la stessa: “Sì sinola, sì sinola”, e intanto sorrideva. Senza, ovviamente, aver capito una mazza.
Soprattutto, i messaggi mi tornano utile quando devo dire cosa fare o, più spesso, non fare. Solo che non basta scriverle: “Per favore, non fare il bucato”, perché la sola idea di non fare una cosa sembra essere contraria alla sua religione; quindi ricorro a cose un po’ più terroristiche, tipo attaccare alla lavatrice un grosso foglio con su scritto “NON FUNZIONA”. Poi se capita glielo spiego anche, su un messaggio separato in cucina, ma di base questa forma di comunicazione funziona di più.
Soprattutto per l’armadio di Gabriele è stata una lotta. Quando Mirna mette a posto gli armadi, poi ti sembra di essere in un negozio del centro: lei ordina per dimensioni, materia prima, colori. È bellissimo. Peccato che l’armadio di Gabriele segua altri criteri: le cose per l’asilo, quelle piccoline ma che gli vanno ancora, quelle un po’ grandi ma che si possono indossare, quelle enormi, quelle della stagione passata o di quella a venire, e così via. Insomma, un ordine basato esclusivamente sul livello di servizio. Ma Mirna è superiore a queste che lei vive come accozzaglie indegne, e quando lei rifà l’armadio di Gabriele io ho: tutte le magliette intime, tutte le T-shirt, tutti i pantaloni, tutte le felpe, e così via, ordinati per colore. Fantastico. Mezz’ora minimo per vestirlo al mattino. Allora le ho lasciato un primo messaggio: “Per favore, non mettere in ordine l’armadio di Gabriele, ci penso io”. Il venerdì torno a casa, dovevo preparare la borsa per andare via, apro l’armadio e ci trovo dentro uno scaffale di Gucci. Con tutte le cose in ordine, dal suo punto di vista. Rifaccio l’armadio, e il martedì successivo lascio un nuovo biglietto: “ Mirna, per favore, non mettere ASSOLUTAMENTE in ordine l’armadio di Gabriele”; meglio lasciar cadere il discorso sul “ci penso io”, evidentemente ho perso credibilità ai suoi occhi su questo punto. Ora però io non so quale fosse il problema, quale la chiave di comunicazione che mi sfuggiva, fatto sta che al mio ritorno eravamo punto e daccapo. Così ho deciso di lasciare da parte ogni remora dal retrogusto terzomondista e passare a un metodo più diretto. Quel venerdì sull’armadio di Gabriele c’era un foglio di carta A4 messo per traverso a bloccare le ante (tipo CSI, stessa decisione e professionalità) che diceva “NON TOCCARE”, senza più né scuse né perfavori. Obiettivo raggiunto – anche se non so fino a quando durerà.
Mirna ha scritto sui pizzini anche cose molto serie, tipo le pratiche per la sua regolarizzazione, il permesso di soggiorno e tutto il resto. Ha affidato a una lettera, questa volta piuttosto lunga, il compito di dirmi che era incinta e che stava per andare a casa sua a partorire, e che era molto dispiaciuta e che sperava che non la licenziassi per questo. Ovviamente sono stata contenta per lei, lei è andata lasciandomi come sostituta una specie di Attila in gonnella ancora più incomprensibile di lei, e poi è tornata. In quell’occasione avrei voluto dirle che ora poteva ricominciare a venire solo una volta la settimana (le avevo chiesto di raddoppiare il suo tempo perché Gabriele era appena nato e io facevo un po’ fatica, soprattutto con la testa, a star dietro alla casa), ma lei mi ha preceduto, chiedendomi se conoscevo qualcuno che avesse bisogno del suo lavoro. Evidentemente, pensai, qualcuno non ha perdonato neanche lei di aver fatto un bambino. Così ho lasciato perdere, e oggi almeno 5 dei datori di lavoro di Mirna sono miei amici. A volte uno di loro mi manda un SMS incomprensibile: è la trascrizione di un biglietto di Mirna, e una tacita richiesta di aiuto nella sua traduzione.
Ma nella memoria familiare rimarrà sempre un biglietto veramente fantasioso, un evergreen che faceva più o meno così:
“SIG.RA,
PRIMA LUTCHI
POI NO LUTCHI
IO NO STERARI”
Ahah! Quella sera mi ci sono appassionata, al messaggio. “Prima lutchi poi no lutchi…”. Il frigo è spento, la lavastoviglie ha il pulsante su “ON” ma non funziona, e così pure la lavatrice. Facile, se attacchi tutto insieme! La scoperta è l’equivalente di una traduzione simultanea: “Prima c’era la luce, poi non c’era più, e quindi non ho stirato”. Che Dio ti benedica, Mirna mia!
5 commenti:
Ah, le colf! La tua almeno sa scrivere!
A me in genere mi scompaiono senza farsi più ritrovare! Forse è colpa mia!
M'hai fatto ammazzà...e poi mi hai fatto pensare con tenerezza ai messaggi che mi lascia la tata sulla lavagnetta in spagnolo (lei è dell'Ecuador) convinta che, anche io, come mio marito sia madre lingua spagnola...invece me tocca tradurre come facevo con le canzoni di Gloria Estefan (col vocabolarietto!).
Intanto mia figlia mi dice sempre 'mira' anzichè guarda...un passo verso la globalizzazione!!!
Un bacio affettuoso
Tua Gra
La voglio anch'io!!! Forse riuscirà a mettere ordine in casa nostra. Fà niente se sarà un ordine in base ai colori.
Dici che se la sentirà di venire in trasferta ad un centinaio di kilometri da Milano per un paio di volte alla settimana? :-))
Spettacolare racconto...e persona davvero particolare e colorata la tua Mirna!
Grazie per la visita, se le tue scelte portano dalle mie parti, io ci sono! :)
Un abbraccio!
Mauro: troppo tardi! con le mie ultime raccomandazioni, mirna ha libera solo la domenica pomeriggio. e ti garantisco che tutte le case in cui è andata hanno cambiato faccia, oltre che abitudini!
Astralla: grazie della visita, e comunque non si mai, sono tempi di cambiamenti!
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