giovedì, novembre 26, 2009

Quando non esistevano gli stalker, solo femmine paranoiche

Come da copione: il telefono squilla nel cuore della notte, dall’altra parte solo un respiro pesante. “Questi maniaci”, mi dico “non si evolvono mai”. Non lo sapevo ancora, ma me la stavo chiamando.

Dopo quella prima notte le telefonate diventarono velocemente più frequenti. Ma per qualche motivo non staccavo il telefono, avevo la sensazione che fosse, nonostante tutto, l’unico collegamento con il mondo esterno, e per niente al mondo ci avrei rinunciato. Per un paio di mesi lo stillicidio consistette in una telefonata all’ora, a partire dall’una fino alle 7 del mattino. Poi mi alzavo ed ero uno zombie.

Un giorno si verificò la prima mutazione. Il mio maniaco diventò una persona. Chiamò in pieno giorno, e iniziò a parlare, camuffando la voce. La prima volta si limitò a elencare oscenità in ordine sparso. Gli dissi qualcosa, solite cose del tipo “Chi sei, che cosa vuoi da me, perché non mi lasci stare”, ovviamente di un’inefficacia paralizzante.

Seconda mutazione. All’epoca davo lezioni di francese ad una mia amica, per il suo ultimo esame all’università. Quindi ci vedevamo molto spesso, sempre a casa mia. Gli sproloqui del mio maniaco diventarono puntuali: sapeva quando la mia amica era stata da me e filosofava sulla natura del nostro rapporto, che lui supponeva non avere solo fini didattici.

La cosa si faceva più complicata: come faceva a sapere quando veniva la mia amica? Mi teneva d’occhio, ma come? Era qualcuno che conoscevo?

Una sera chiamò mentre c’erano dei miei amici. Feci rispondere a uno di loro. Dopo un inizio di telefonata in modalità negoziale (hai presente i negoziatori che parlano con i terroristi che tengono in ostaggio 20 persone in un edificio? Ecco, così), finì a schifìo, a maleparole. E quando i miei amici, dispiaciuti e preoccupati, andarono via, lui chiamò di nuovo, per farmi notare di quali ignoranti io mi circondassi, di come fossero costoro insipienti e inconcludenti.

Non dormivo da mesi, avevo paura, ma adesso questa telefonata mi aveva dato un indizio. Avevo un nome. Nessuna prova, ma ci poteva stare. Un ex fidanzato, una storia breve dalla quale ero fuggita per evidenti incompatibilità emotive, direi. Feci qualche verifica. La persona in questione aveva ora due linee telefoniche, una delle quali nuova nuova, intestata alla madre, che era diventata anche l’unica linea abilitata al traffico in entrata. In altre parole: lui poteva telefonare anche dal suo vecchio numero, ma ricevere solo da quello nuovo. Al quale, peraltro, non mi rispose mai.

Ormai si era instaurata una routine, nel nostro rapporto: appena entravo in casa, il telefono squillava, ed era lui. Abitavo in un monolocale minuscolo, con una stanza che mi faceva da soggiorno, cucina, camera da letto e anche ufficio (il bagno era a parte, per fortuna). Lavorando da casa mi capitava spesso di essere fuori casa, e per motivi che ora mi sfuggono la maggior parte dei miei clienti mi cercava al telefono di casa, non sul cellulare (forse perché all’epoca una telefonata verso un cellulare costava 3000 lire). Di conseguenza ero una heavy user di segreteria telefonica. Un giorno, rientrando, come al solito il telefono squillò. Ovviamente era lui. Intanto che parlava, armeggiai con la segreteria per ascoltare i messaggi, e per sbaglio la mandai indietro più di quanto volessi. Quando iniziai ad ascoltare mi si gelò il sangue: decine di messaggi, tutti di lavoro, erano stati cancellati. Ma non da me. E mentre li ascoltavo (feci dopo un rapido calcolo del fatturato cancellato: quello di un anno, praticamente), per la prima volta, piansi. Non solo quest’uomo vedeva quando entravo e uscivo di casa, e chi ricevevo, ma entrava nella mia segreteria telefonica e ci faceva quello che voleva.

Mio padre, a cui raccontai la storia, decise di venire: era evidente che da sola non potevo farcela, ad affrontare questa situazione.

Andammo insieme dai carabinieri. Che mi dissero, in tutta serenità, che finché non c’erano minacce di morte non si poteva fare niente. E quanto al nome del mio sospetto, meglio che me lo tenessi per me, ché ad accusare la gente si possono passare dei guai.

Il maniaco chiamò per farsi una crassa risata alla faccia mia e dei carabinieri: sapeva anche quello.

Mio padre tornò a casa, e io rimasi di nuovo da sola. E accadde: il maniaco disse, una notte, che era lì, proprio sotto la mia finestra, e che era venuto per uccidermi. Mi barricai. Il terrore di quella notte non si può descrivere.

Ormai registravo tutte le telefonate, per avere la prova che mi serviva da mostrare ai carabinieri, e ora ce l’avevo.

Tornai al comando, fu sporta denuncia contro ignoti e fui informata del fatto che non sarei mai stata avvisata del corso della cosa. “In questi casi – mi disse il solerte maresciallo che aveva raccolto la mia denuncia – è meglio non sapere. Che la gente poi fa cose di cui si può pentire”. Come aveva ragione! Avessi avuto sotto le mani il mio maniaco, lo avrei rovinato. Fin da quando mi era venuto in mente il nome, avevo elaborato un piano dettagliatissimo su come fargliela pagare. Volevo rovinargli la vita, semplicemente. Fargli desiderare di essersi strozzato, quella prima notte, quando ancora faceva il maniaco ansimante.

Ah, ovviamente di cambiare numero di telefono non se ne parlava nemmeno: per la Telecom non si poteva fare, punto e basta. “Se cambiassimo numero a tutte le persone che ricevono telefonate di questo tipo, non faremmo altro”. Già.

Le minacce andarono avanti. Imparai a convivere anche con quelle.

Nel frattempo avevo iniziato a cercare una casa nuova. Non vedevo proprio altre possibilità. La trovai, non velocemente, ci volle un anno, ma alla fine la trovai. Dovetti fare una trafila kafkiana per non far inserire il mio nuovo numero telefonico nell’elenco degli abbonati, ma la feci e tacqui. E ricominciai a respirare.

P.S. Ci sono periodi in cui non riesci a concludere niente, e sei in ritardo su tutto. Anche sulla giornata contro la violenza sulle donne.

8 commenti:

luviluvi ha detto...

Che terrore!

M di MS ha detto...

Che storia terribile! Sono senza parole.

Alessandra Farabegoli ha detto...

allucinante.

Paola ha detto...

Conosco una storia analoga. Forse ne conosciamo in tante. E' bello che oggi ci sia una legge, sarebbe meglio se non ce ne fosse stato più bisogno.
Paola

Giuliana ha detto...

terribile, sì. allucinante, anche. ed è vero, paola, che sarebbe bello se non ci fosse bisogno di leggi come quella che per fortuna oggi c'è, ma è come pensare che dovrebbe esserci sempre il sole: impossibile

wasperina ha detto...

..... sono rimasta di sasso.

Unknown ha detto...

Purtroppo non è la prima storia del genere che sento, è successo anche a delle mie amiche. Io per fortuna ho ricevuto solo due telefonate del genere e poi basta.

Mammamsterdam ha detto...

Che storia tremenda, povera stella. Penso che la cosa peggiore sia proprio che neanche le istituzioni preposte non possano farci niente, ma almeno la sensibilità di parlare con chi viene a sporgere una denuncia del genere si potrebbe averla.

Una vita in ostaggio, e manco una soluzione. Immagino quanti lacciuoli ti abbia lasciato nella vita quotidiana, porca miseria.