Lo so, è che ho questo maledetto vizio di procrastinare. E quindi ho aspettato l’ultimo momento per decidere cosa mettermi per la festa dei 40 anni della mia amica Ale. E rimandare è stato fatale.
C’è anche un’altra cosa, a dire il vero: quando le cose cominciano bene, difficilmente finiranno altrettanto bene. Da sempre. Ed era cominciato veramente bene, il week end, con marito e figlio in trasferta dalla nonna inferma, ma solo per la mattina, e io con tutto quel tempo per me. Parrucchiere, giro per comprare il regalo (ero talmente di buonumore che sono andata a comprarlo sotto il mio ufficio, il regalo. Silvano il barista tabaccaio mi ha chiesto come mai ero lì di sabato, e se c’era qualcun altro. Un mago del CRM, Silvano: lui e tutte le persone che lavorano con lui conoscono per nome tutti i clienti. Un’orgia di democrazia, questo baretto, in cui il caffè sa di risciacquatura per me come per il mio amministratore delegato, e i “piattini” del pranzo sono tristi per tutti, indistintamente. Ma su questo tripudio di desolazione risplende il dimenticato piacere di sentirsi chiamare per nome: “Giulia, ti faccio una spremutina, stamattina, che dici?”, e poi: “Michele, ho una nuova brioche, con la crema di latte, la vuoi provare? Te la riscaldo in un attimo”, e così via). Ricerca, vana, di un posto dove farmi fare anche le mani e le sopracciglia. Mi sentivo così, ricca, non di soldi ma di tempo. Condizione rara e preziosa.
Poi, al pomeriggio, la situazione è precipitata. Hanno rubato degli assegni alla nonna. Sento mio marito in défaillance (tutti sarebbero in défaillance se da dieci giorni continuassero ad andare su e giù da Milano alla bassa con in mezzo un sacco di cose da fare: e senti i medici, e cerca la badante, e compra la lavatrice che si è rotta, ecc. ecc. ecc.). Ci sono momenti in cui bisogna stare vicino al proprio uomo. Questo momento era sabato pomeriggio.
Cerca il treno, avvisa la babysitter già prenotata per la splendida serata che ci si prospettava, avvisa l’amica Ale che non potremo essere presenti (perdonami, Ale, non ho potuto neanche spiegarti tutto, ma era troppo lungo e tu troppo presa dall’imminenza dei festeggiamenti. E soprattutto io troppo incredula, e triste, e ansiosa di prendere il treno per andare a dare un supporto alla mia famiglia). Esci di casa. Salta in treno. Arriva a destinazione, dove il piccolo per fortuna è del consueto buonumore, e il grande è invece impegnato al telefono con il nostro amico bancario per sentire cosa si può fare.
Ecco, uno rimanda il momento in cui sceglierà un vestito e poi si ritrova a cento chilometri dalla festa. A passare un sabato sera concitato e insieme silenzioso, di quel silenzio pesante, denso di tristezza e frustrazione e stanchezza e ansia perché il bambino non dovrebbe essere lì, non dovrebbe aver ascoltato le cose che ha ascoltato.
E poi una domenica delle Palme nella stazione dei Carabinieri per perfezionare una denuncia già fatta la sera prima. Il perfezionamento ha molti risvolti comici. Alla fine il risultato di due ore e spacca di elaborazione è un testo che capisci solo se l’hai scritto, o se sei un carabiniere o un magistrato abituato alla frequentazione di questa prosa.
Torniamo a Milano in tempo per beccarci la grandinata. Gabriele esce dalla macchina e vomita. (Lui soffre il mal d’auto anche se noi continuiamo a negarlo, e ci dimentichiamo sempre di mettergli i braccialetti). La camera da letto è allagata. Uscita in fretta e furia, ho controllato e chiuso tutte le finestre, tranne l’abbaino della mansarda. Bene.
Ceniamo. Gabriele inizia a vomitare come un geyser. Fantastico.
Volevo vedermi Montalbano, e anche Report, ieri sera. Invece mi sono addormentata.
Ale, facciamo così. Il vestito per la tua festa dei 50 anni lo scelgo subito, lo scelgo stasera stessa, così non si potrà dire che con la scusa di non ipotecare almeno un po’ il futuro, alla fine ce lo fottiamo direttamente.
6 commenti:
Solidarietà incondizionata, per quel che può servire dopo un simile weekend.
grazie, copy, per fortuna oggi c'è il sole :)
Scusa, non vorrei infierire...lo scrivo piccolo e tutto d'un fiato: maèstatomegliosenonl'haicompratoilvestito nooo? Che ci facevi visto come è andata?? ;))
Però senti, potevi anche restare a Milano per la serata e presentarti direttamente dai caramba domenica mattina: Secondo me tuo marito avrebbe capito! ;-)
A parte gli assegni rubati e il geyser, che non son certo poca cosa, sono passata dalla stessa strada un paio di anni fa quando nell'arco di una notte mia madre invalida non autosufficiente si ritrovò sola a casa perché mio padre aveva improvvisamente deciso di rompersi il femore nel tentativo di mandar via i piccioni dal terrazzo (sì, è sicuro, a una certa età si rimbecillisce davvero) e mi ritrovai proiettata alla ricerca di una badante, asistenti sociali, medici, lettighe e compagnia bella e la picci parcheggiata in casa di una compagna di scuola fino a tarda sera. E' stata dura, parecchio. Quindi ti capisco e se potessi allungare una mano per aiutarti tipo Elastic-woman degli Incredibili lo farei. Ti abbraccio e vedrai che con Ale riuscirete a ritagliarvi una serata di chiacchiere, anche se non sarà la stessa cosa. Un bacio.
@ annachiara: no way, la famiglia è la famiglia, e poi con lui c'era il bimbo...
@ gallinavecchia: più ne sento e più mi rendo conto che è veramente un casino. di queste storie ne sto collezionando decine... grazie della solidarietà :)
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