Si fa presto a fare un post su un’assemblea condominiale. Lo fanno (lo facciamo) tutti, perché è una di quelle situazioni irresistibili, lisergiche, fuori da ogni logica, che ci fanno desiderare a ritmi ciclotimici serratissimi di non essere lì e di riprendere tutto con una videocamera. E poi postare. E iniziare una radiosa carriera di videoblogger del surreale, e magari perché no lanciarci nel mondo del cinema. Perché l’assemblea condominiale ha questo di assurdo: ci rende tutti uguali. Operai della discarica e direttori commerciali, segretarie e scienziati, impiegati e pompieri: tutti uguali di fronte al Condominio come entità trascendente e all’Amministratore come sua forma immanente. E tutti ugualmente terrorizzati, stanchi, incazzati, non disposti a cedere. Su nulla. E poi si fa un post e ci saranno un sacco di commenti perché chi non vuole dire la sua sull’assemblea condominiale.
Questo però non è un post su un’assemblea condominiale. È un post sulla riunione dei genitori a scuola di mio figlio. Scuola materna, ndr. L’assemblea condominiale c’entra perché anche lì siamo tutti uguali, accomunati dallo stato di Genitori al cospetto delle entità Scuola e Maestre.
La prima parte, la riunione del gruppo dei genitori dei bambini di 4 anni, è stata tutta un garrulare di genitori orgogliosi e maestre che orgogliosamente mostravano il superbo lavoro svolto dai bambini durante l’anno scolastico. Io volevo sotterrarmi perché Gabriele non me ne ha mai parlato (ero così anch’io, quando mia madre mi chiedeva cosa avessi fatto a scuola, io ho sempre risposto “niente”), mentre le altre mamme erano lì che chiedevano chiarimenti su cose a loro riportate dai figli orgogliosi del loro operato. L’obiettivo, ci spiega la maestra che ha seguito questi laboratori, è accompagnare verso la scuola elementare dei bambini competenti.
La seconda parte era quella di classe. Inizio medio-garrulo, sul modello dell’incontro precedente. Poi la Maestra si impone e impone il silenzio.
Maestra: “Chiamo questi bambini enciclopedici. Sanno un sacco di cose, fanno un sacco di cose, la loro agenda è più fitta della mia, i loro week end sono rutilanti. Ma…”
E ci presenta un universo di bambini che facciamo fatica a riconoscere nei nostri figli. Prepotenti, rissosi, egocentrici, prevaricatori; privi del benché minimo senso di rispetto per gli altri: se uno cade, i compagni giù a ridere; abituati a fare quello che vogliono, senza che nessuno chieda mai loro di fare delle cose; e naturalmente fragili, e dipendenti dagli adulti. Ben lontani, sia chiaro, dall’essere autonomi, ché è così che li interpretano i genitori durante i colloqui di metà anno: semplicemente, senza regole.
Questo è, in due righe, la sintesi di un discorso che è durato circa due ore. Con noi genitori da una parte (una decina su 27 bambini), silenziosi, increduli e vagamente imbarazzati, anche un po’ fantozziani, e le maestre dall’altra, con gli sguardi che tradivano quello che probabilmente pensano ogni sera andando a casa o che si dicono tra di loro. Tutte cose troppo poco gentili per poter essere riferite pari pari ai genitori di 27 bambini. Che poi si capisce che non di 27 si tratta, ma di 270, o forse proprio di tutti, di tutta una generazione di bambini – ma piccoli, ripeto, piccoli – che è già una Generazione Qualcosa, o almeno questa è la mia sensazione, e anche quella di altri genitori che sono lì, e di altre persone con cui ho parlato di questa cosa.
La ricetta delle maestre è: riappropriatevi del vostro ruolo di genitori, date loro delle regole (poche ma ferree), educateli alla solidarietà.
Sono uscita dalla riunione con un sacco di domande, che nei giorni successivi ho chiarito man mano che ne parlavo: con altri genitori, con i miei colleghi psicologi, con persone che reputo intelligenti ma non sono né genitori né psicologi. Non ci sono risposte, per ora, solo altre domande. Del resto, se le domande sono quelle giuste, le risposte dovrebbero venire da sé. E siccome ho molta stima nella saggezza delle persone che mi leggono, le giro, buttate un po’ a caso, ma del resto mi è ancora impossibile creare una gerarchia. Voi fate finta che si parla di condominio, e, insomma, parliamone.
La corriera delle domande
Mentre le maestre parlavano, facevano esempi concreti di prevaricazioni, maleducazione, amenità varie. In molti di questi esempi io mi sono riconosciuta, ho riconosciuto i miei compagni della scuola materna (frequentata peraltro pochissimo) e delle elementari. Quindi il problema non è negli atti, negli episodi, ma nel senso di questi atti e di questi episodi. Qual è il senso? Perché oggi diamo una lettura così dura delle stesse cose che trent’anni fa non erano considerate degne di nota?
Dietro l’angolo c’è lo spettro del bullismo. Qui le domande sono diverse. Prima di tutto, i bulli ci sono sempre stati, solo che ora hanno a disposizione i mezzi fisici e tecnologici per mostrare al mondo le loro prodezze. O no? Seconda cosa. Per ogni bullo ci deve essere una vittima, quindi come minimo i bambini/ragazzi sono o di qua o di là. È il bambino che decide dove stare? Che influenza ha l’educazione su questa decisione? Dove sono finite le vie di mezzo, sempre che ci siano mai state?
Una tesi avanzata, e del tutto legittima, è che i bambini non fanno altro che replicare i modelli proposti dagli adulti, e dunque competizione, prevaricazione, arroganza e compagnia bella vengono da questo. Ancora una volta il punto è che queste caratteristiche, negli adulti, fanno spesso la differenza tra un amministratore delegato e un mobbizzato. Traete voi le domande che seguono: come sa chi mi segue da un po’, questo argomento per me è un nervo scoperto.
A proposito dei bambini enciclopedici. Ma, scusate, e che ne è dei bambini competenti da portare alle elementari? Qual è il limite da non oltrepassare, prima che la competenza diventi qualcos’altro? Che cos’è il qualcos’altro? Cosa è giusto insegnare e cosa no? Prendiamo i videogiochi: pare che i bambini siano capacissimi di farli e di scalare livelli, ma non sappiano raccontare la storia che c’è alla base del gioco, non ne colgano la narrazione, per così dire. Una cosa grave. Però sviluppano una coordinazione occhi-mano, una “manualità fine” che noi ci sogniamo, una prontezza di riflessi e una capacità di astrazione senz’altro precoci. Ce ne freghiamo?
La nostra generazione ha ricevuto un’educazione molto diversa, in cui l’autorità non era messa in discussione: se arrivavi a casa con una nota, le prendevi, punto e basta. A prescindere dal fatto che i Maestri fossero bravi o inetti, erano Maestri, e dunque non si discuteva. Oggi noi discutiamo tutto. Stavamo meglio quando stavamo peggio?
Sempre a proposito della nostra generazione. I nostri genitori erano senz’altro più istintivi, difficilmente leggevano e si informavano sui temi della pedagogia quanto facciamo noi. Dall’altra parte, noi dobbiamo leggere un libro anche per imparare a scaldare il latte nel biberon, convinti come siamo che da soli non ce la possiamo fare a portare avanti un compito difficile come quello dell’educatore. Tutta questa consapevolezza non ci sta forse privando dell’istinto? E quando le maestre ci dicono di riprenderci il nostro ruolo di genitori, non è che ci stanno anche chiedendo di usare il buon senso al di là della teoria? E magari anche di avere un po’ più di fiducia in noi stessi, ché non è vero che non sappiamo fare niente se prima non l’abbiamo letto in un libro?
Beh, me ne sono venute altre, molte altre, di domande, ma erano più o meno delle declinazioni di queste. Io non ho risposte. E voi?
11 commenti:
tante domande, molte delle quali credo siano in comune tra noi genitori.
per adesso sono sicura di poche cose. tra queste che dobbiamo riappropriarci del ruolo di genitori, ovvero dobbiamo essere le guide che accompagnano i bambini verso l'autonomia e la maturità. discutere ma anche dare regole, poche e chiare.
se leggiamo tanti libri è perché spesso c'è molta solitudine e poco passaggio di consegne e saperi tra una generazione e l'altra (dovuto anche a gap slla concezione del ruolo, probabilmente). noto che man mano che i bambini crescono divento sempre più sicura di cosa fare (più sicura, non sicura...).
videogiochi, competenze e bla bla.
un po' di tutto senza rinunciare a cose fondamentali, educazione all'arte, al bello, alla lettura, alle regole, al rispetto per l'altro.
i bambini non sono mai stati buoni. essendo istintivi, sono quello che sono, egoisti, egocentrici e prepotenti. è nella natura umana.
quello che noto oggi è che molti genitori non sanno imporre le regole elementari. ascoltare, imparare a controllare i propri istinti peggiori, rispettare se stessi e gli altri.
scusa mi sono allungata...
piattinicinesi, sono stata talmente lunga io che dilungarsi nei commenti era previsto!
grazie del tuo contributo, apprezzo molto che tu non abbia una ricetta...
La questione delle regole è senz'altro fondamentale. Il fatto che noi non discutessimo con i nostri maestri significa semplicemente che c'erano delle regole ben chiare, rispettabili e rispettate.
I genitori di oggi (non tutti, ovviamente, ma molti) non danno regole ai loro figli, che quindi non sanno seguirle quando invece sarebbe il momento e il risultato è che non c'è più il senso del gruppo e della solidarietà. Mi trovo (stranamente) abbastanza d'accordo con l'analisi delle tue maestre. E anche a costo di sembrare un mostro per le mie figlie, io su certe questioni non transigo. Il problema è poi, come nel coro, che quando c'è qualcuno che non rispetta i ritmi va tutto a puttane (passami l'eufemismo).
annachiara, sono d'accordo anch'io con le maestre. se non che mi chiedo se non sto facendo una cazzata - passami l'enfasi - quando, ad esempio, raggiungendo mio figlio (e tata) al parco, vedo un bimbo che sta saltando sulla schiena di gabriele. e sua mamma non fa un plissè. quante volte uno deve farsi saltare sulle spalle prima di reagire?
le riflessioni sono tante...e forse dovrebbero portare anche a dei cambi di rotta nei comportamenti...il ritorno all'istinto perchè no, potrebbe essere una soluzione...
bt
Io sono di una generazione ancora più indietro (la "piccola" si è appena laureata), quella dei sessantottini, ma i quesiti sono sempre gli stessi.
Quando sono diventato padre la prima volta mi sono studiato (non letto) il Bernardi, che è stato fondamentale per colmare l'istinto di genitore.
1. Non metterei paletti sulla loro conoscenza: che ben venga tutta la tecnologia attuale, se permette loro di avere maggiori conoscenze.
2. Non basta, però. Con i miei figli ho sempre cercato di insegnar loro il senso critico, l'analisi, ma anche i valori fondamentali del vivere insieme: il rispetto, la solidarietà, la socialità, la giustizia, l'uguaglianza fra gli esseri umani.
3. Ho dato loro la massima libertà con un solo steccato: l'integrità loro e degli altri. Libertà con un occhio sempre vigile, senza essere oppressivo.
4. Ho privilegiato l'autorità degli insegnanti, con una sola eccezione nei due percorsi di studio, quando come genitori abbiamo dovuto prendere posizione contro un professore del liceo, palesemente inadeguato per i nostri figli (che infatti è stato poi allontanato).
5. Ho sempre cercato, e cerco tuttora che sono adulti, il dialogo, su tutto: dallo sport al lavoro, dagli amori alla politica, dalla musica alla cronaca. Ovviamente in maniera differente in base alle varie età.
6. E poi, che siano felici, che facciano le loro scelte. Mi pare eccessivo impostare la loro vita adesso, anche perché faranno comunque quello che vogliono.
Per finire: non farti più problemi di quelli che sono. La mela non cade distante dall'albero.
maurice, come sempre la tua analisi lucidissima è la cosa più simile ad una risposta. grazie, ne farò tesoro
Un'altra cosa che ho imparato, in questo primo anno di asilo di mia figlia, è che non è nemmeno giusto farsi mettere i piedi in testa. La cosa difficile è dare gli strumenti al proprio figlio per saper trovare la reazione proporzionata al torto subito. Mica che dobbiamo tirar su dei figli sottomessamente (!) educati....
Arrivo qui di blog in blog (e quello di partenza è stato "Caro Diario" di Laura.
Ho letto il tuo post e l'ho trovato talmente denso di spunti di riflessione che penso potrei scriverci su per delle ore. Mi limito all'osservazione sui bulli e i prepotenti: quando eravamo piccoli noi c'erano i prepotenti, quelli che ti spintonavano in cortile e non ti facevano giocare con le biglie o l'elastico, quelli che ti prendevano in giro se ti eri tagliato i capelli e ridevano se cadevi. Oggi ci sono i bulli, che ti riprendono col telefonino mentre ti danno fuoco ai capelli, che ti rubano cellulare e nintendo ps, che ti ricattano per avere soldi... e allora sì che capisco queste maestre e la loro speranza di coinvolgere anche le famiglie in un progetto educativo, in una speranza di solidarietà, perchè i piccoli di oggi siano adolescenti migliori di quelli di cui leggiamo ogni giorno sul giornale.
Raffa
annachiara, sottoscrivo: no ai sottomessamente educati, ma come far capire a questi bitorzoli quattrenni quando è il caso di passare alle vie di fatto?
raffa, benvenuta. il compito delle maestre è effettivamente molto ambizioso, se l'obiettivo è quello di tirare su degli adolescenti "più umani". mi rimane sempre il dubbio sulla reale differenza tra i bulli di una volta e quelli di oggi: non capisco se è una questione "esistenziale" o tecnologica, e in questo caso diventa pressante anche l'educazione alla tecnologia...
Ecco, mi dirai che passare alle vie di fatto è il problema. Non lo so come farglielo capire. Ogni tanto qualche battutina dovremmo buttarla là...
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