giovedì, marzo 26, 2009

Oddio, come glielo dico?

Decidere di lasciare un “posto sicuro” (mi viene da ridere solo a pensarci) in tempi di crisi è di per sé una follia. Almeno, la mia estetista ha detto così. È pur vero che se uno lo fa, è evidente che ha le sue motivazioni, e che sono piuttosto importanti. Ci si pensa molto, anzi, assai. E si rimane col dubbio di stare per fare una cazzata. Poi però si decide di farlo, e contestualmente ci si costruiscono tutti i ragionamenti a supporto della decisione; poi si decide di credere fino in fondo in queste motivazioni; poi si decide di non farsi abbattere da nessuno.

Uno dei momenti più difficili, però, è quello in cui si deve comunicare la decisione - la prima, quella di lasciare il “posto sicuro” - agli altri. Perchè la reazione delle persone che ti stanno attorno metterà a dura prova tutte le decisioni successive – crearsi le motivazioni, crederci, resistere. A me è successo quanto segue.

La mamma
(Interno giorno, al telefono)
Io: “Ciao, mamma. Tutto bene?”
La mamma: “Ciao! Come mai chiami a quest’ora?”
Io (ecco, ha già sgamato): “No, è solo che...”
La mamma: “Gabriele sta bene? E Alberto? E... [segue elenco di persone che potrebbero avere problemi di salute]?”
Io: “Tutti bene, tutti bene, mamma. Volevo dirti io una cosa che...”
La mamma: “Che succede? Posso fare qualcosa? Che...”
Io: “No, mamma, non puoi fare niente. Ti volevo solo dire che ho deciso di lasciare l’azienda”
La mamma: “BRAVA!!! Hai fatto benissimo! Lo sapevo che prima o poi l’avresti fatto! Dai, adesso vedrai! Sono proprio contenta!”

A questo punto io mi chiedo se mia mamma non sia da interdire. Poi penso che ci sia un gene egoista che mi sono preso in eredità, e silenziosamente lo ringrazio. Mia mamma non mi chiede altro. Per lei è semplicemente una nuova nascita, e come tale va accolta: come un dono. Speriamo che abbia ragione.

La tata
(Interno sera, a casa mia)
Io: “Ciao, tata, tutto bene?”
Tata: “Sì sì sì, benissimo. Il piccolo ha giocato bene, poi... [segue elenco delle attività pomeridiane della coppia Gabriele/tata]
Io: “Tata, ho una grande notizia!”
Tata: “...?”
Io: “Oggi è stato il mio ultimo giorno in azienda!”
Tata (diventa pallida): “E il mio lavoro?”
Io: “Rimarrà tale e quale, tata. Avrò molto da fare, non ho lasciato per starmene con le mani in mano”
Tata: “... (glom)

La tata la vive male. Da quel momento, per un po’ mi ha passato giornali di annunci, o dritte prese di qua e di là. Finchè un giorno abbiamo avuto una conversazione in cui... Ma magari ci faccio un post.

La vicina (nonna putativa di mio figlio)
(Interno sera, casa sua)
Io: “Ciao nonna, tutto bene?”
Nonna: “Eh, diciamo bene... Sai la mia amica, quella che ti dicevo che si doveva operare... [segue elenco delle visite specialistiche e degli esami cui la sua sfortunata amica deve essere sottoposta nel prossimo futuro]
Io: “Nonna, ho una grande notizia!”
Nonna: “Mi regali un altro nipotino?”
Io (possino ammazza’): “No. Ho lasciato l’azienda dove lavoravo. Mi metto in proprio!”
Nonna: “...”
Io: “...”
Nonna: “Come mi dispiace... Io sono sempre qui, se hai bisogno, eh?”
Io: “...”

Ecco, la nonna si è convinta che mi abbiano licenziato per qualche grave motivo, e da quella sera mi offre la sua solidarietà venendo ogni tanto ad affacciarsi a casa con le scuse più improbabili, tipo “devo farmi una casacca con questa stoffa, mi dai un consiglio?”, oppure “dobbiamo cambiare lo scaldabagno di mio figlio. Tu avevi quello elettrico, vero? Da quanti litri?”, e così via. Ogni volta con l’espressione di chi vorrebbe dire ma non osa: “Povera figliola!”

La portinaia
(Esterno giorno. Cortile.)
Io: “Buongiorno”
Portinaia: “Bgrn” (lei parla proprio così, bisogna farci un po’ l’orecchio)
Io: “Aspetto due libri, ma uno è da pagare contrassegno. Posso lasciarle i soldi?”
Portinaia: “Eh... lasc’, quand’arriv’, ce li dò”
Io: “Ecco, dovrebbe essere 15 €, gliene lascio 20, casomai mi sbagliassi...”
Portinaia: “Li tengo qua, quand’arriv’, ce li dò”

La portinaia non mi chiede niente, ma ce l’ha scritto in fronte che vuole sapere che ci faccio qui a quest’ora. Chiederà in giro, suppongo, ma la cosa veramente inquietante è la sua espressione ogni volta che mi vede. Me ne farò una ragione.

La colf
(Interno giorno. Casa mia.)
Io: “Buongiorno, colf, tutto bene?”
Colf: “Buongiò, segnò. Bene. Tu a casa è malata?” (lei parla così, come Arnel, del quale del resto condivide la nazionalità)
Io: “No, colf, sto bene, ma sto cambiando lavoro. A volte (non le dico “sempre” se no mi si agita anche lei) lavorerò da casa”
Colf: “...”

Lei non so se si è fatta delle idee. Magari sì, anche se in generale sembra una totalmente autosufficiente sul fronte dell’informazione – in altre parole: si fa sempre e solo i fatti suoi. Del resto, se proprio dovesse comunicare con qualcuno della casa, sarebbe sicuramente la tata, per cui direi che io non ho nessuna possibilità di essere messa al corrente di quello che pensa.

Naturalmente non è finita. Ci sono gli amici, la parrucchiera, l’estetista. E ci sono quelli con cui probabilmente nessuna conversazione su quest’argomento avrà mai luogo, come le mamme dei compagni di scuola di mio figlio, le sue maestre, l’edicolante e il barista. Ma la cosa veramente singolare è che, quando ti fai tutti i ragionamenti che ti porteranno a decidere di andartene, a questa cosa non ci pensi. E invece dovresti, perché rappresenta un impiego di energie mica da ridere. Volevo quindi condividere la mia esperienza, casomai ci fosse qualcuno a cui possa tornare utile.

22 commenti:

Anonimo ha detto...

Ah ah! A me successe la stessa cosa diversi anni fa e anch'io mi sentivo molto strana. Mitica mia madre: "Dovevo insistere a lasciarti il mio posto in banca". Noooooooo!

P.s.: anche perchè oggi pure le banche c'hanno i cocopro:)))

piattinicinesi ha detto...

anche io ho fatto un post con i commenti dei colleghi.
sono curiosa di sapere cosa ha detto la tata. la mia mia ha mollato prematuramente mentre aspettavo di riprendermi da uno stato di salute un po' precario, non sono riuscita a perdonarla del tutto.
ma i commenti delle maestre, le mamme di scuola e tutto il resto...eh eh, valgono la pena di essere sentiti

Giuliana ha detto...

@MdiMS: in banca tu?! ti ci avrei visto :D

@piattini: i colleghi sono un discorso a parte, tranne un caso per lo più ho dovuto combattere con le lacrime. quanto alla tata, la cosa si è fatta veramente complessa, e in effetti è quella che mi preoccupa di più. (ah, la tua ti ha mollata? simpatica!)

Anonimo ha detto...

bellissimo!
e sono piacevolmente sorpresa per la reazione di tua madre, davvero.
io ho lasciato un "posto" per un altro "posto" eppure la mia è rimasta molto spiazzata, ancora non si raccapezza e mi ripete: "quando mi chiedono non so rispondere che lavoro fai" e "ma almeno col nuovo lavoro stai di più coi bambini"? e io mi arrabbio.
mah, forse sarò sensibile all'argomento perchè a volte vedo il cambiamento come un fallimento di tutto quello che ero prima e a volte (per fortuna la maggiorparte) come una figata pazzesca. non è facile comunque!

Anonimo ha detto...

dimenticavo un particolare importante: quando comunico il cambiamento agli altri, che sia un muratore o un amministratore delegato, adotto immediatamente e automaticamente il mood "figata pazzesca", così da lasciare pochissimo spazio ai loro dubbi. credo molto in questa tattica.

Giuliana ha detto...

@flavia: beh, va da sé che il mood è quello della figata pazzesca (anche perché ci credo). è pur vero che più di una volta mi è venuta voglia di strozzare una serie di interlocutori che, al proposito, hanno commentato: "ah, allora farai la mamma a tempo pieno?". cioè: ti pare che una che manda al nido suo figlio di 6 (sei) mesi abbia voglia, cinque anni dopo, di fare la mamma a tempo pieno? ma vààà!!!

thecatisonthetable ha detto...

Ogni volta che ho cambiato lavoro, ed successo spesso e sempre per mia scelta, mi son sentita... non dico proprio insultare, ma quasi... Sigh.

Se posso permettermi, vado OT per dire che invidia, poter cambiare lavoro di 'sti tempi... io vorrei, vorrei proprio di brutto, ma come si fa... :-(

Giuliana ha detto...

@thecat...: diciamo che per ora tengo le dita incrociate, poi vediamo se è il caso di invidiarmi ;)

Alessandra ha detto...

CAspita la tata, la colf, la portinaia, la vicina...per me si ridurrebbe solo a mia mamma...

Giuliana ha detto...

@alessandra: eh, visto che la mia mamma è raggiungibile solo telefonicamente, per avere un'esistenza sostenibile lavorando 10 ore al giorno ho dovuto un po' allargare il network, diciamo così

Cassandra ha detto...

È un "lavoro" anche comunicare le proprie decisioni...
Mi chiedo quato queste reazioni possano influire sui nostri comportamenti: non è il tuo caso, ma spesso quello che dice e pensa la gente ci induce a cambiare scelte...
Cassandra

Sara ha detto...

Sei troppo troppo simpatica! Mi hai regalato la prima risata di oggi con questo post! :D

Il futuro è sempre incerto, ma tu sei in gambissima (e si vede) e sono sicura che farai grandi cose ;-)

Ciaoo

Giuliana ha detto...

@cassandra: il lavoro più grosso è quello che si fa per preservare la propria autostima. non dico altro :D

@sara: ehm... grazie!

Marilde ha detto...

I cambiamenti fanno paura a tante persone e di fronte a qualcuno che cambia lavoro, casa, relazione, etc... i fantasmi galoppano...
Complimenti alla mamma! ( e speriamo che la tata non fugga).
Buon inizio!

lemoni ha detto...

Diciamo che questo realissimo (e fortissimo!) post mi ha fatto riflettere sulla reazione che hanno avuto le varie persone (care e non) che mi circondano alla notizia che alla mia veneranda età ero incinta.Direi che quasi quasi potrei fare un copia incolla!
Chi mi guarda con pietà, chi con forte disappunto, chi mi dice parole di incoraggiamento...insomma siamo lì, Giuli, ogni grande decisione va incontro al Grande Giudizio!
Comunque per me sì nu femmenone esaggerato! Bacioni Gra

Annachiara ha detto...

Attenzione alla tata. Dalle il bonus. Ti aiuterà a tenertela stretta. Per il resto, incrocio le dita con te!

copyman ha detto...

Ho rinunciato da tempo a spiegare che razza di lavoro faccio; ai più spiritosi talvolta ho risposto citando Seguelà oppure, più seccamente, "il coprywater".
Scusa la curiosità: che è quel dialog box del "brodoprimordiale" che spunta quando mi collego al tuo blog?

Giuliana ha detto...

@lemoni: anche se essere incinta non è esattamente la stessa cosa che lasciare un lavoro, mi rendo conto che le reazioni possono essere molto simili.
grà, erano 20 anni che nessuno mi chiamava "femmenone esaggerato". mi commuovi :)

@annachiara: e sì, dopo quello di natale, ci sta tutto anche il bonus di pasqua, accidenti. in effetto quello è l'anello più debole, ma anche il più prezioso...

@copyman: ecco, mi mancava la tua alitata di ottimismo :D
quanto alla finestra, ho provato ad approfondire, pensavo che dipendesse dall'aggregatore che ho a destra (e che comprendeva anche "brodo", ragion per cui chiederebbe l'autorizzazione, essendo un blog chiuso), e invece, anche dopo averlo rimosso dai feed, la cosa non è cambiata. se hai un'idea, però...

copyman ha detto...

A occhio e croce, direi che devi andare a setacciare il layout del blog alla ricerca di quelle tre o quattro righe di javascript avanzate alla rimozione del feed

Giuliana ha detto...

@copy: è 'na parola! lo farò, con calma, ma lo farò. grazie della dritta

piattinicinesi ha detto...

anche io mi chiedevo cosa fosse questo brodo....
comunque il momento del cambiamento, (che non è un momento ma sono mesi) è uno dei più esaltanti e insieme dei più terribili. in questi mesi mi ha salvato una determinazione sorda e agguerritissima. la vsione di una meta lontana da raggiungere camminando su sentieri impervi (non è una metafora, è così!)a volte mi stupisco di me stessa, di come non mi sia scoraggiata. sono sicura che ce la farai. è la cosa giusta

Renata ha detto...

Domenica ho detto ai miei che stiamo provando ad aver il terzo figlio. Mia sorella: "Bene, almeno ti decidi a licenziarti!" No, forse cambierò lavoro, di certo deciderò per una colf o una tata, fammi sapere se scappa la tua :-)

Battuta a parte: in bocca al lupo per la nuova esperienza!