lunedì, febbraio 08, 2010

La legge a punti

La password di Wired ( cartaceo - sono abbonata per non so più quanti anni) di questo mese è un interessante articolo di Aza Raskin, che fra le altre attività in curriculum ha un passato di designer della Apple e sviluppatore di interfacce. In sintesi, l’articolo dice che sarebbe molto bello se nel fare le leggi i politici si ispirassero ai videogame, per due cose in particolare:

1) i videogame nascono sapendo di essere sbagliati, di dover essere “corretti”. Non importa, ci si penserà nella prossima release. Il principio è “esci presto, aggiorna spesso”
2) per pensare e sviluppare videogame complessi come World of Warcraft è necessario essere veri esperti di dinamiche sociali

Quindi, la proposta è: facciamo una legge e facciamola uscire subito, in versione beta. Poi, dopo un po’, ci torniamo su e la sistemiamo. Eventualmente reiterando il processo, ove necessario.

Grande.

Poi ho pensato ad una applicazione concreta. Per dire, al permesso di soggiorno a punti. Uno arriva in Italia, regolarmente, dopodiché ha 2 anni per imparare l’italiano, studiare la Costituzione (finché c’è), dimostrare buona volontà. Se in 24 mesi non ce la fa, ha ancora un anno a diposizione, dopodiché o è dentro o è fuori.

Prima di tutto qualche considerazione. La mia colf è in Italia da 12 anni, regolarizzata da 10, ma morire se conosce la lingua. Per impedirle di fare il bucato (posso avere un sacco di motivi per non volere lo stendino al centro della casa) devo mettere un cartello in formato A4 davanti all’oblò della lavatrice, con su scritto “GUASTA”. Sulla Costituzione non mi sono mai soffermata. D’altra parte, considerato che quando le facevo notare che aveva lacerato una serie di camicie stirandole, lei mi rispondeva sorridente “Sì, segnò, glazie segnò”, francamente non mi ci metterei neanche. Però lei è un pilastro della mia casa. Mandarla via? Ma và via tu! Quello che voglio dire, è che i criteri introdotti sono sensati ai fini dell’acquisizione della cittadinanza, non di un semplice permesso di soggiorno. Comunque.

Immaginiamo di fare un test. La legge esce in versione beta, su un territorio limitato. Dopo un anno si va a vedere: in quanti rispondono ancora “Sì, segnò, glazie segnò”? Quelli che sono usciti dal tunnel della risposta col sorriso diventano benchmark: come hanno fatto? Quali strutture hanno frequentato? Queste strutture sono presenti nel resto del paese? E così via. E da quelli che ancora hanno problemi impariamo: perché non ce l’hanno fatta? Ci sono forse carenze nel sistema dei servizi? (LOL) Alla fine abbiamo una prova sul campo che non mette in ginocchio il primo turno di immigrati entrati con questa brillante trovata.

Nel frattempo, però, il gusto del mashup mi ha preso la mano, e mi sono chiesta: e se a punti fosse proprio la legge? Se cioè una legge dovesse dimostrare di funzionare attraverso un sistema di rating (i punti), e quindi potesse acquistare e perdere punti nel corso della sua vita, dovrebbe necessariamente tendere a migliorarsi continuamente. In linea di principio.

E un’altra cosa: Aza Raskin una consulenza a Maroni gliela darebbe? Giusto per una questione di dinamiche sociali...

1 commento:

Flavia ha detto...

ahahah! oddiomio. senti, a proposito di quello bravo. mi passi il suo numero?