“Un Comitato di donne, ma anche di uomini, individui e associazioni, diversi per età, per impostazione culturale, per appartenenza politica, per settore occupazionale, per posizione nella professione, che considerano la diversità come una ricchezza. Un Comitato aperto a nuovi ingressi di persone o di gruppi, perché finalmente l’unione e le tante differenze all’interno di una larga rete facciano la forza.”
che si propone
“L’effettivo raggiungimento della parità fra uomini e donne italiani attraverso il lavoro, semplicemente facendo leva sulla meritocrazia. Nell’occupazione bisogna far emergere, riconoscere e valorizzare il merito, che è presumibilmente identicamente distribuito fra maschi e femmine, per ragioni sia di efficienza, sia di equità del nostro sistema-Paese.”
E allora che cosa c’entra la rappresentazione della donna nei media?
C’entra molto. E ce l’hanno dimostrato ieri nel convegno all’Università Statale di Milano i tanti relatori della giornata che hanno portato la loro esperienza in un’atmosfera torrida (nelle università pubbliche non è prevista l’aria condizionata).
Nota di viaggio: appena entrata ho incontrato un’amica, Caterina della Torre, nel doppio ruolo di membro del coordinamento lavori e Vice Coordinatrice Gruppo Donne Media Comunicazione Pari o Dispare. Poi, alla ricerca di un posto, ne ho trovato uno vicino a ItMom, e dietro di me Stefania Boleso, con la quale nello stesso momento ci stavamo scambiando delle email. Insomma, bella gente e grande sincronicità. (Ho scoperto alla fine dell’evento che la signora seduta alla mia destra era il direttore di Elle, e come sempre, troppo timida, non le ho fatto neanche le congratulazioni per il premio che le è stato assegnato. Che vergogna).
Emma Bonino, che ha aperto i lavori, è andata dritta al sodo nel suo intervento. La donna è rappresentata, nei media, attraverso tre stereotipi:
1) La moglie e madre felice, nonché “casalinga in giubilo permanente”
2) La velina, che è sempre seminuda e muta
3) La donna in carriera, meno presente perché troppo antipatica.
Un po’ poco. E tutte le altre? Quelle vere, quelle normali? Allora sarebbe importante non tanto proibire (ad esempio vestendo le veline di abiti decenti), quanto dare spazio ad altri modelli, reali, perché la diversità è ricchezza.
La Bonino ci ha lasciato con una raccomandazione che è quasi un monito: i diritti, se uno se li dimentica e non li cura, semplicemente scompaiono.
(Ecco, qui mi veniva da piangere).
È impossibile riportare tutti gli interventi. Molto materiale sarà sul sito dell'associazione e sul blog dedicato a donne e media (o almeno così è stato promesso).
Però volevo riportare alcune cose che mi hanno colpito molto.
- Nella rappresentazione che si fa della donna attraverso la pubblicità si trasmettono false promesse: gli stereotipi proposti non sono realistici, perché realizzano nella migliore delle ipotesi un modello degli anni 50, nella peggiore un’idea di perfezione del corpo di fatto irrealizzabile se non attraverso un uso massiccio di Photoshop (liberamente tratto dall’intervento di Gad Lerner)
- Le donne sono brave, precise, fanno “i compiti a casa”. Però accettano di comparire in TV appese in una macelleria come prosciutti a stagionare. Perché? Che cosa ci vuole ancora per dire basta? (liberamente tratto dall’intervento di Lorella Zanardo)
- Negli anni dal 90 a oggi, apparentemente non è cambiato molto nella rappresentazione della donna nella pubblicità. Ma guardando la ricerca fotografica “Chi è il maestro del lupo cattivo?” di Ico Gasparri, che ha fotografato cartelloni per 20 anni, salta fuori una considerazione: il maschio non è stato toccato, ma è cambiato l’atteggiamento delle donne. La pubblicità non spinge i maschi alla violenza, educa le femmine all’accondiscendenza. Ico Gasparri ha chiuso il suo intervento con una provocazione: prendiamo dalle riviste le pagine di pubblicità violente e discriminanti, ritagliamole e spediamole ai direttori delle riviste. (liberamente tratto dall’intervento di Ico Gasparri).
- Bellissima poi la lezione della grande Ida Magli, che ha avanzato un’ipotesi degna di una ricerca: rispetto al ritorno del sessismo, la donna è oggi connivente. Che cosa è successo? Si è alterato il meccanismo della promozione naturale della donna nella società, e il raggiungimento del successo a tutti i costi richiede un uso monotematico del corpo. Ricordiamoci che le donne sono più brave dei maschi nel loro curriculum di formazione, ma appena si affacciano al mercato del lavoro sono discriminate attraverso stipendi più bassi. Insomma, un po’ come le mondine.
Ecco, ovviamente ognuna di queste cose e delle molte altre che sono state dette meriterebbero una riflessione, e questo post è già fin troppo lungo. Ma ho fiducia, ci ritornerò.
Quello che posso dire al momento è che il tema dei modelli culturali mi sta tanto a cuore che lo considero uno dei punti fondamentali della mia attività professionale. E che sono convinta che l’educazione di genere sia cruciale per far sì che i nostri figli vedano un’Italia migliore.
Perciò pensavo: e se andassimo nelle scuole ad insegnare ai bambini a guardare la TV? E se cominciassimo a fare le pulci ai testi scolastici su cui si formano i nostri bambini? E se, come consiglia Ico Gasparri, rispedissimo agli editori le pagine di genere di questi libri? Non sarebbe un buon inizio?
13 commenti:
Ciao Giuliana,
condivido molte delle considerazioni che hai scritto e delle sensazioni che hai provato.
A cominciare dalla raccomandazione sui diritti fatta dalla Bonino, che ha commosso anche me...
Essì, perché spesso diamo tante cose per scontate. Quando invece basta poco per essere privati delle nostre libertà fondamentali, come si può vedere proprio in questi giorni.
Quanto al fatto che le donne siano conniventi, come dice Ida Magli, beh, ci credo anch'io. Non tutte, intendiamoci bene; di sicuro non quelle che c'eran ieri in Statale. Ma molte donne (soprattutto giovani) credo accettino il modello dominante senza discutere, anzi, in molti casi cavalcandolo.
Io ti direi: "e se andassimo a scuola ad insegnare ai bambini a NON guardare la tv?"
Il convegno deve essere stato molto interessante. Io continuo a pensare che servano gesti forti, perché tutte le conquinsta che il femminismo ha fatto sono lì, ma nessuno ha vegliato a che questi diritti acquisiti venissero poi rispettati con leggi adeguate. Ida Magli io la conosco bene perché sono stata sua alunna all'università ed ho letto la stragrande maggioranza dei suoi libri. Di base lei, come moltissimi teorici e pensatori, ha una visione del mondo abbastanza riduzionistica. Rispetto il suo lavoro, ma come tutte le donne di "potere" nella vita di tutti i giorni le donne non le calcola. La stessa cosa ti posso dire della Luce Irigaray, femminista importantissima (che non c'era al tuo convegno), ma che ha scritto fior di libri ed elaborato fior di teorie. Lei ha spesso sfruttato biecamente donne nel loro percorso universitario, per fini lavorativi non remunerati (tu mi dirai come fanno fior di professoroni maschi, ma allora dov'è "la differenza"?).
Quindi dove voglio arrivare? Voglio arrivare a dire che la rivoluzione deve cominciare dal basso, da una pluralità di interventi che aiutino le "donne sommerse" ad uscire dal baratro.Ben venga la Zanardo, che quasi dal nulla è riuscita a scatenare un discorso mediatico importantissimo. E ben vengano i contributi del mondo dei blog e anche del mondo della cultura e della televisione quando son o articolati in maniera da dare alla donna il giusto spazio per evidenziare le carenze della legislazione nel mondo attuale e prendere in mano finalmente e realmente i propri diritti. No a color che cavalcano l'argomento con concetti vuoti e che non portano a nulla se non ad una sterile discussione. Di discussioni ne sono state fatte tante. Soprattutto persone come Bonino e Magli. Io credo che ora sia tempo di passare all'azione. Una azione frutto di un'elaborazione di anni di femminismo e di vita quotidiana vissuta grazie alle conquiste del femminismo, che sono state recepite dalle donne e secondo me in finale anche dagli uomini, ma che non sono state adeguatamente supportate dalle leggi.
@stefania: secondo me la nostra generazione non ha coscienza dei diritti perché li ha trovati già lì, già fatti. e questo ci rende anche difficile, ancor prima dell'arduo compito di vigilare su di essi, anche il semplice riconoscerli. da cui il meccanismo delle connivenze, che è complesso e semplice insieme. complesso perché è connivente sia chi aderisce a certi codici consapevolmente (penso a certi concorrenti del grande fratello, solo per fare un esempio stupido), sia chi lo fa perché crede di non avere un'alternativa (se fai la modella e vuoi lavorare, quando ti chiedono di farti appendere ti fai appendere, e lo consideri normale). semplice perché quando una società, una cultura, inizia a funzionare in un certo modo, diventa tutto molto naturale, e non si percepisce più niente. e questo vale tanto nel campo della comunicazione quanto in tutti gli altri. pensa solo al lavoro. se accetti di fare due, tre stage non retribuiti sei connivente. se esci dall'ufficio a mezzanotte sei connivente. e così via.
quanto al fatto che non siano tutte così, le donne, forse anche qui vanno fatti dei distinguo. se leggi il commento di meringa, dopo il tuo, quello di cui parla lei è esattamente in questo ragionamento. e mi fa male il cuore.
però io credo molto nel potere della consapevolezza. se lo sappiamo, magari non possiamo sfuggirvi lo stesso, ma almeno possiamo guardarlo in faccia e chiamarlo per nome. e se, come sono convinta, le cose esistono solo nel momento in cui le puoi nominare, da quel momento si può fare qualcosa.
@annachiara: ecco, l'ho fatto, nel commento di prima ti ho chiamato meringa. vabbè.
quante cose, annachiara. quante e quanto difficili.
la tv. non so, cioè sì, lo so. la scuola steineriana impone di non guardare la tv. molti seguono il comandamento, e non sembrano soffrirne molto. ma io non sono d'accordo. i nostri figli vivono nel mondo, e nel mondo c'è la tv, anzi, c'è la tv e il computer e anche le console per giocare. a casa mia ci sono tutte queste cose, e io e mio marito ne facciamo un uso massiccio (tranne forse per la console): come potrei dire a mio figlio di non guardare la tv? non è più utile insegnargli a guardarla facendo la tara dove va fatta? (dò per scontata la selezione, chiaro). che poi i bambini non dobbiamo sottovalutarli: se si parla di pubblicità, loro sanno benissiamo di cosa si tratta, e quali sono i meccanismi, ecc. ecc., come se fossero nati con queste competenze comunicative già innestate nella testa, e si evolvono velocemente a comprendere quello che ancora non sanno.
ma poi, pensaci bene: hai mai sfogliato i libri di testo delle elementari? lo hai fatto senz'altro, se faccio bene i conti tua figlia ha l'età del mio, quindi sei già entrata nel fantastico mondo della scuola primaria. hai visto che accozzaglia di modelli di genere propongono? si va dalla famiglia ai ruoli (per dire, ho avuto delle difficoltà con un compito di gabriele, che doveva dire chi compiva una certa azione. arrivati all'azione di stirare, lui è andato in confusione: era chiaro che il libro voleva che fosse la mamma, ma io non stiro, lo fa la colf. e allora? certo non puoi scrivere che stira la colf, in un compito), alle bambine sempre con le treccine bionde e i bambini che giocano a pallone, mai che succeda qualcosa di diverso. e vogliamo dare la colpa alla tv e basta? no, non ci siamo proprio.
quanto alle cose che scrivi di ida magli e luce irigaray, lo so, le conosco pur non avendoci studiato, ma non so come sono/erano dietro le quinte. peccato per loro.
ma certo, è ora di passare all'azione, e di farlo dal basso, sono d'accordo. ma non considero vuoti i concetti di questa discussione. servono a leggere la realtà, e questa è una cosa che non tutti sanno fare. e quando saremo in tanti ad aver smesso di balbettare sillabe e ad aver imparato a leggere correntemente, le cose saranno assai più facili.
ma il nostro compito, non solo come donne, ma come persone (ché gli uomini non si sentano esenti da questo ticket), è quello di insegnare: a vedere, a interpretare, a prendere coscienza, e poi a vigilare perché quello che abbiamo non ci venga tolto. di nuovo.
Mi dispiace tantissimo non essere venuta ieri, ma proprio non potevo. Acc.
Le lezioni di educazione alla tv non le organizza già la Zanardo? Dovremmo replicarci per essere più presenti nelle scuole. Io mi offro volontaria!
quello che mi ha colpito molto è il constatare e ammettere che io appartengo alla generazione cresciuta con questa educazione televisiva, sono il frutto di quello che i media negli anni 80 avevano deciso di trasmettere e che stanno continuando a fare. tutto ciò mi spaventa, non tanto perché solo alla mia 'tenera età' mi sono resa conto che qualcosa stona in questo tipo di modello trasmesso, ma soprattutto mi spaventa pensare che molte scelte fatte nella mia vita professionale e privata sono anche frutto di questa educazione.
da quando guardo il mondo con più occhi critici, tutto mi sembra più facile da interpretare. così come la Zanardo ha detto ieri, anch'io mi ero ritrovata la società bella che fatta e preconfezionata, e non mi ero mai posta il problema che si potesse cambiare.
vedere questi convegni, osservare e ascoltare persone che propongono modelli diversi, leggere libri su questi argomenti è come respirare ossigeno.
ma da pessimista quale sono, mi chiedo anche quante altre cose della nostra società subiamo senza renderci conto che potrebbero essere diverse.
detto questo, mi ha fatto moltissimo piacere incontrarti ieri, e devo dire che spero di assistere sempre a più dibattiti sull'argomento, non solo per nutrirmi il cervello, ma perché si sente che ormai qualcosa sta cambiando.
Per esempio Zanardo offre corsi di educazione ad un uso consapevole della tv. L'idea dovrebbe essere quella di formare i docenti, che a pioggia dovrebbero formarne altri o i ragazzi (immagino si possa pensare un percorso anche per bambini). Il problema è che se lo facessi io direi solo banalità, mentre per chiamare un esperto i soldi non ci sono. Le scuole non hanno soldi a sufficienza (ci ho provato, per questo lo so).
Spero che i blog di donne "consapevoli" servano a cambiare le cose. Cioè, io ci credo, voglio dire...Sarà forse perché mia figlia ha fatto ieri la festa dei remigini ed io mi appresto a sfogliare i libri delle elementari? ;-)
@MdiMS: peccato che tu non ci fossi, ti ci vedevo. per quanto riguarda le scuole, volevo vedere cosa fa la zanardo e contattarla.
@it mom: e benvenuto questo ossigeno! sono stata molto contenta anch'io di incontrarti, e spero che ci saranno altre occasioni. non so che cosa c'è ancora di cui non ci accorgiamo, ma qualcosa mi dice che stiamo per scoprirlo.
@LGO: io no sono un'insegnante, cioè, ho insegnato ma a persone molto più grandi di quelle a cui vorrei rivolgermi, perciò la cosa a cui penso è coinvolgere qualcuno che abbia le credenziali a posto per farlo. comunque quando sento la zanardo sarete le prime a saperlo. quanto ai soldi... la scuola di mio figlio ha appena dichiarato un taglio di 340.000 € per l'anno prossimo. sai che significa? niente supplenti, qualche cattedra via, e naturlamente dimentichiamoci le attività extracurriculari come i progetti e le gite. però qui è una cosa diversa. insomma, credo che sui soldi si possa comunque ragionare.
@annachiara: allora in bocca al lupo alla piccola e a te buona lettura :) in realtà non mi riferisco solo ai blog, ci sono un sacco di persone là fuori che aspettano solo che qualcuno vada lì a dirgli che c'è tutta un'italia da rifare. non la rifaremo noi, e chissà se i nostri figli, ma insomma, se mai si comincia...
Infatti bisogna incentivare la Media Education (o istruzione massmediale), come insegnamento tramite lo studio dei media a interpretare e discriminare la realtà.
http://www.medmediaeducation.it
Roberta
grazie della segnalazione, roberta, vado subito a guardarmelo
Scusa, leggo ogni tanto il tuo blog anche se non commento mai. Sono una "anziana" studentessa di Tecnologie della Comunicazione. Penso che ti possano interessare i lavori di Pier Cesare Rivoltella e di Paolo Ferri, tra gli altri, qui in Italia.
Roberta
Ti segnalo questa iniziativa:
http://www.donnepensanti.net/
Silvia
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