Che la musica abbia poteri terapeutici è fuori di dubbio. Che si sappia come usarli, è un altro discorso. La musicoterapia è una disciplina complessa e affascinante, che richiede una preparazione di base in tanti campi, a cavallo tra l’arte e la medicina. Normalmente la musicoterapia si applica a tutta una serie di patologie, che vanno dal disagio mentale all’handicap grave, e viene usata principalmente con i bambini e con gli anziani.
Tuttavia, ho sempre pensato che un approccio più light, alle persone sane, fosse non solo possibile ma anche auspicabile. A volte basta poco per influire sulla qualità della vita, e il recupero di uno stato d’animo sereno e aperto all’esterno è spesso il punto di partenza irrinunciabile.
Perciò nei giorni scorsi, in cui per vari motivi mi sentivo sotto un treno, ho provato ad applicarla su di me, per una volta (la solita vecchia storia del ciabattino eccetera), e ha funzionato. Ho usato la tecnica dell’ascolto attivo, la più semplice.
Vi racconto come è andata, chissà che non vi torni utile.
1. Parti da dove ti trovi
Che la musica influenzi gli stati d’animo è innegabile. Tuttavia, teniamo presente sempre che nel momento in cui ci poniamo all’ascolto di un brano, questo avrà degli effetti su di noi solo se da parte nostra siamo già predisposti ad accoglierne le valenze positive o negative. Quindi servirà a poco ascoltare la banda se siamo, appunto, sotto un treno. Potrebbe anche farci piangere.
Dobbiamo perciò iniziare da noi, da dove ci troviamo, anzi, da dove ci sentiamo il cuore.
Fate questo esperimento. Inspirate profondamente e poi espirate. Buttate fuori tutta l’aria che avete nei polmoni, e quando vi sembra che l’abbiate finita continuate a spingere verso l’ombelico, finché non sentirete che la pancia, lo stomaco, le costole, sono rivolte verso l’interno. A questo punto sentite dove avete il cuore. Sì, il cuore. Lui, il muscolo, se ne starà sempre lì, naturalmente, ma il battito non è sempre allo stesso posto, perché risuona in punti diversi del petto. Può essere più in basso o più in alto, ma anche più avanti, verso lo sterno, o più dietro, verso le scapole. Più è dietro (qualunque operatore shatzu vi dirà che un dolore nelle spalle è un dolore del cuore, anche se non siete nel mezzo di un infarto) e in basso (mica per niente si dice “sentirsi giù”), più c’è da lavorare. Più il treno vi impedisce di respirare.
Solo quando avrete capito dove vi trovate, in senso ferroviario, iniziate la vostra ricerca musicale. Cercate due o tre brani musicali che siano in sintonia con la sensazione di “stomaco e spalle”, e ascoltateli. Per quanto possibile cercate di perdervi in essi. Crogiolatevi nel vostro star male. Ma solo per due, al massimo tre brani.
Poi cominciamo la risalita.
2. La scelta dei brani e le modalità di ascolto
Una cosa fondamentale è la scelta dei brani. Devono essere semplici, elementari. Più lineare è il ritmo, facilmente riproducibile la melodia, più funzionano. La mia insegnante di danzaterapia ha sempre detto che la musica latino-americana in certe occasioni funziona meglio di Mozart, ed è verissimo.
Andate sull’easy listening, considerate che vi state prendendo cura di voi ad un livello molto elementare. Le elucubrazioni intellettuali sulla musica devono rimanere fuori, fintanto che ascoltiamo musica per rimetterci in pista. Osate il jazz e la musica classica solo se costituiscono l’unico vostro orizzonte di riferimento: se vi richiedono di pensare intanto che ascoltate, mollate il colpo. Stesso discorso per l’opera. Alcune arie sono molto orecchiabili, e facilmente cantabili, quindi ok. Fuori da questo paradigma, però, meglio di no. Evitate anche il metal, il rock duro, il punk e la world music: per trovare il vostro centro dovete essere il più vicini possibile alle vostre radici, e a meno che non siate i figli dei Cure o i cugini di Enya la distanza è troppo grande.
Il principio generale, in ogni caso, è che tutto quello che ascoltate per stare bene sia in armonia con il vostro cuore.
L’ideale è ascoltare in cuffia: vi isola e vi immerge completamente in quello che state ascoltando. Altrimenti anche lo stereo di casa va benissimo, ma fate in modo lo stesso di essere da soli. In vantaggio in questo caso è quello di poter cantare e ballare (che con le cuffie non si può fare), cose che potenziano enormemente l’effetto benefico della musica.
Assicuratevi in ogni caso di avere una buona riproduzione: non c’è bisogno di uno stereo esoterico, ma una cuffietta gracchiante dopo un po’ rischia di farvi saltare i nervi.
3. Discese ardite e risalite
Vi siete crogiolati abbastanza? Avete trovato il brano che descrive esattamente il modo in cui vi sentite? Bene, adesso possiamo iniziare la risalita.
L’idea è quella di creare una playlist progressiva, diciamo così. 5 o 6 brani, che vi accompagnino lentamente dalle stalle alle stelle. Aiutatevi in questo percorso scegliendo il vostro punto di arrivo: il brano che più di tutti ha il potere di motivarvi e farvi tornare il sorriso. Poi, da lì, tornate indietro, fissando dei punti di passaggio. I primi due o tre brani di questa playlist saranno più riflessivi: magari rispecchiano esattamente la situazione nella quale vi sentite, per esempio (dove rispecchiare può significare proprio descrivere in senso letterale, parlare di una situazione che è uguale alla vostra). Supponiamo che stiate per suicidarvi. Ascoltate, per esempio – dopo le robe più depressive che avete per le mani – Meraviglioso nella versione dei Negramaro (se Giuliano non vi sta sulle scatole), e le probabilità che vi passi la voglia e lasciate cadere la lametta sono decisamente alte.
Fate un controllino di tanto in tanto: inspirare, espirare, sentire il cuore. A metà della playlist della risalita dovrebbe essere tornato al suo posto. Se non è così, spingete un po’ l’acceleratore e passate al brano successivo – sempre senza esagerare.
4. La fase di gloria
L’obiettivo è quello di arrivare alla fine dell’ascolto dell’ultimo brano con il cuore che vi rimbalza nelle tonsille. Non ci si arriva sempre, ma ce la si può fare. Quando arrivate a questo punto ve ne accorgete subito, perché il cuore nelle tonsille lo si sente anche senza mettersi in ascolto.
Per qualche giorno siate ossessivi nell’ascolto dei brani della gloria. Esagerate con il volume, cantateci insieme, ballate, se siete nelle condizioni di farlo.
Scolpitevi in testa il modo in cui vi sentite a questo punto, che è transitorio, e ogni tanto impegnatevi per arrivarci.
5. Il mantenimento
Questi ascolti terapeutici dovrebbero avere una durata di circa 20 minuti ognuno, ma possono essere fatti anche più volte durante un giorno. Non andate troppo oltre questo tempo, però, perché ascoltare con il cuore è impegnativo, e se perdete la concentrazione poi non serve più.
Una volta arrivati alla fine del percorso, ricordatevi che questo stato dovete mantenerlo il più a lungo possibile, per evitare che sia un fuoco di paglia. Perciò riprendete la vostra playlist della risalita e continuate a farvene delle dosi di tanto in tanto. Se nel frattempo il cuore si è abbassato di nuovo riprendete dai primi brani, e magari inseritene di nuovi. Devono essere nuovi per la playlist, non per voi. Fate la stessa cosa quando il cuore è su su, sotto lo sterno, bello alto e avanti: allargate la scelta ad altri brani.
Capirete da soli quando siete stabilmente fuori dal tunnel.
6. Gli aiuti esterni
Come in tutte le cose, se abbiamo una spintarella dall’esterno certe cose riescono meglio. Vale tutto, naturalmente: à la guerre comme à la guerre. Perciò:
- Circondatevi di persone serene. Io sono stata molto fortunata, questa volta, perché ho trovato sulla mia strada un amico felice, addirittura, e la felicità entro certi limiti è contagiosa. Questo non mi ha evitato la playlist, ma se non mi fossi imbattuta in lui non avrei neanche deciso di mettermi sotto a lavorarci, e avrei continuato il mio soggiorno nel tunnel. Attenzione, però: perché le persone facciano effetto, bisogna che siano importanti per voi, se no non si arriva da nessuna parte. Il panettiere che fischietta non vale, insomma.
- Se potete, rimandate le cose che vi deprimono ancora di più. Anche un lavoro noioso può esserlo: se non è urgente, mettetelo in coda. La vostra priorità deve essere stare bene, tutto il resto non potete neanche farlo, se non ci state dentro.
- Sempre per lo stesso principio, mollate i libri pesanti e i film che fanno pensare. Non è il caso di guardare Amici, ma ci sono delle vie di mezzo più che accettabili. Se potete, fate con i film la stessa cosa che avete fatto con i brani musicali. Eliminate i film d’azione, i drammatici, quelli troppo impegnativi. Ricordatevi le sensazioni che vi hanno dato i film che, all’uscita dal cinema, vi hanno fatto sentire bene, e cercatele. I film musicali sono perfetti, ovviamente. Lezioni di Tango è un film di Sally Potter del ’97, e per me è stato un toccasana nella fase di risalita. Per la gloria, invece, niente è come Mamma mia, per me. Ma questo è buon senso.
- Nutella e co. sono palliativi. Ok per una sera, ma poi basta. Non aiutano la risalita, servono per il crogiolamento.
È tutto. Se ci provate fatemi sapere com’è andata.
4 commenti:
Ciao, il tuo post capita proprio al momento giusto...oggi è una di quelle giornate in cui il mio cuore è posizionato all'incirca sotto le mie scarpe...proverò a seguire passo passo i tuoi consigli...ti farò sapere se hanno funzionato.
Grazie mille e un bacio
dai, fammi sapere :)
Attualmente non vado più in là dell'ultimo album dei Negramaro, che ascolto come un'ossessa, ma mi danno il là per mettermi a lavorare... non oso pensare alla risalita - a dove potrei arrivare, insomma, ma sarà il caso di pensarci. Sui film è proprio così, certi film che 10 anni fa mi mandavano in brodo di giuggiole non li reggo più, ma Mamma Mia è un potente toccasana!!
@lorenza ma ti sei sentita il cuore? provaci, magari scopri che ha ampi margini di salita.
Posta un commento