In questo periodo Gabriele entra a scuola (guai a chiamarlo asilo. È “la scuola materna”!) alle 9. Il che per me è un bel problema, dovendo essere alla stessa ora in ufficio e trovandosi la scuola in un punto collegato al centro solo con il tram, croce e delizia del trasporto pubblico. L’ho iscritto in questa scuola per due motivi:
1. mi veniva comoda per accompagnarlo, essendo di strada quando vado in ufficio in macchina, e
2. era l’unica in cui ci fosse posto.
In questo periodo, però, il motivo 1 è decaduto, visto che la macchina me l’hanno rubata e ancora non ne ho comprata un’altra.
Comunque. Faccio un po’ di considerazioni sulla fauna mattutina all’ingresso della scuola dell’infanzia (con la riforma Moratti si chiama così, pare non ci siano altri cambiamenti di rilievo, a parte per coloro che ci lavorano, molto più precari, meno numerosi e agitati).
Per la maggior parte ci sono mamme, che si dividono in due categorie: quelle che lavorano-e-basta e le supermamme.
Le mamme che lavorano-e-basta le riconosci perché sono tremendamente di fretta. Nella maggior parte dei casi si tratta di libere professioniste. Tutte donne che, dopo essere state inchiodate dietro a un passeggino, hanno ritenuto che per pagare il mutuo era il caso di continuare a prendere uno stipendio. Così hanno lasciato la loro occupazione in azienda e, se non ce l’avevano già, hanno messo in piedi un’attività in proprio, che si può gestire più facilmente, considerando le esigenze dei bambini. Ovviamente questa è una sciocchezza, perché anzi spesso finisci col lavorare il doppio, ma “lo fai per te, ed è tuttunaltrasoddisfazione!”, e in ogni caso te lo devi dire per sfuggire ai sensi di colpa sempre in agguato. Queste mamme qua sono eleganti ma non indossano il tailleur: il tailleur è un capo tradizionale, che va bene se hai 25 anni e sei lanciata nella scalata di un’azienda; se ne hai 35 – o più – e la scalata non è più tra le tue priorità, meglio adottare un look professionale sì, ma con un pizzico di libertà. Così mostrerai comunque la tua competenza e credibilità, e in più sarà come dire “anche con i bambini c’è vita”, e se la vita in questione è più larga di qualche centimetro, pazienza, l’importante è non avere l’aria frusta né frustrata.
Le supermamme sono molto simili nell’aspetto, ma si differenziano per una caratteristica fondamentale: l’impegno. Loro non sempre lavorano, ma si vestono come se; l’ingresso a scuola è un’occasione sociale da non perdere, visto che quello è il momento giusto per la loro campagna elettorale per il consiglio di scuola. Conoscono tutti i meccanismi più intimi dell’istituzione, danno del tu a insegnanti, direttrici (credo si chiami coordinatrice, a dir la verità) e bidelle, e si muovono in questo mondo di femmine perfettamente a loro agio, seguite dai loro figli perfetti, che sembrano usciti da una gara di dréssage per cagnolini di razza.
Poi c’è l’esercito delle tate, che è un gruppo sociale abbastanza particolare. Le tate legano solo con i bambini (che spesso sono gli unici a capirle), non osano neanche guardare le mamme, e parlano tra di loro solo se appartenenti alla stessa etnia – che, più esotica è, più facilita la relazione.
I papà, invece, rappresentano la merce più rara della scuola. Sono a disagio, si sentono di troppo in mezzo a tutte queste femmine. Cercano di fare in fretta, molto in fretta: depositano le creature con un bacio e scappano, via dalla pazza folla. Sono diretti in ufficio, chi in bici, chi con i mezzi; tutti hanno dovuto rinunciare alla moto, ma si capisce che in casa fanno i turni per accompagnare il pargolo e che la loro dimensione abituale di mobilità è lo scooter(one, nella maggioranza dei casi).
E poi i nonni. Simpatici, i nonni… Non li lascerebbero mai, i loro bimbetti, ma non possono fare dietrofront e portarseli a casa perché se no il figlio/la figlia se li mangiano.
Quando i bambini sono due gemelli, si raddoppia anche la scorta. Di solito la coppia accompagnatrice è formata da una mamma e un/una nonno/a, o da mamma e tata. Su questa categoria non si segnalano papà. Se invece sono due fratelli, ecco la rivincita dei papà. Arrivano in genere in bici o in macchina, e sono pratici e sbrigativi: il più grande si occupa del più piccolo, e loro sovrintendono.
A dir la verità, io in questo zoo non mi ci sento mica bene...
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