Antefatto: Ago scrive su Mamme nella Rete un post sul Ritalin. Si scatenano i commenti, alcuni tra i quali mi sembrano fuori luogo:
"Basterebbe forse fermarsi a capire quali possono essere le necessità o le difficoltà di nostro figlio, basterebbe parlare e ascoltarsi.Il problema è che manca la voglia di prendersi carico della responsabilità d’esser GENITORE." dice betty.
"l’unico farmaco da somministrare ai nostri figli, sempre con maggior frequenza è IL TEMPO…", rilancia braccobaldo.
Dal mio punto di vista un business farmaceutico non c'entra niente con la responsabilità, ma ancora una volta vedo i genitori messi alla gogna. Da altri genitori. E mi sono rotta le palle. E mi sono incazzata. E ho scritto un post, che forse Mamme nella Rete non pubblicherà, ma che io riporto qui, perché davvero adesso chi è più bravo e più saggio deve dirmi come fare.
Il post è questo.
Dal momento che il Ritalin è diventato uno psicofarmaco, mi domando: non si potrebbe fare altrettanto con la coca? Da somministrare alle mamme, però, eventualmente ai papà, ma solo quelli single. Perché a volte ce ne sarebbe proprio bisogno.
Per dire. Quando sono andata in maternità sapevo già che sarei tornata abbastanza presto al lavoro, dal momento che avevo un “incarico di responsabilità” che ho coltivato fino all’ultimo momento. E infatti al compimento del sesto mese del piccolo sono tornata in pista (in realtà avevo impiegato i due mesi precedenti a mettere in piedi, con due colleghe, il nido aziendale, che ritengo tuttora uno dei miei progetti meglio riusciti). Per l’azienda, però, era già troppo tardi, mi era stato portato via tutto e, quando ho chiesto ragione di ciò, mi è stato risposto “Devi dimostrare di poter fare lo stesso di prima, per fare lo stesso lavoro”. In altre parole, bye bye carriera. Volevo morire, non ci potevo credere.
Poi, verso gli otto mesi, il bimbo si ammala. Il pediatra (quello privato, detto Mr. Centoeuro, ché tale è la parcella ad ogni visita, dal momento che quello della mutua fa solo diagnosi telefoniche), alla fine della visita, mi fa: “Sa, signora, i bambini così piccoli non dovrebbero andare al nido…”. Seconda botta. La diagnosi è fatta: non sei (più) buona come professionista, e non sei buona neanche come mamma.
Passa il tempo. Il lavoro va di male in peggio. Mi spiega una collega-amica-mamma che il presupposto dell’azienda è che quando partorisci spari fuori anche il cervello oltre al bambino e alla placenta, e quindi non c’è da stupirsi né da prendersela per niente di quello che accade dal rientro in poi. E in effetti tutte le volte che parlo con un/una collega le prime parole del mio interlocutore sono: “Io so che tu ora sei una mamma, e che le tue priorità sono cambiate…”, e dopo questa premessa mi parlano come se andassi all’asilo.
Nel frattempo, a casa, la tata mi fa notare che “Il piccolo sarebbe molto contento se, almeno una volta ogni due settimane, tu o tuo marito poteste andare a prenderlo a scuola…”, e, incidentalmente, che “Certo, tu hai dato la priorità alla carriera…”.
La diagnosi è confermata. Sono inadeguata. Come mamma e come lavoratrice. E, visto che non c’è molto altro, come persona. Per fortuna gli altri sanno quali sono le mie priorità.
Ecco, adesso me lo dovete spiegare, però. Mi dovete spiegare che cosa deve fare una che credeva che essere madre fosse una questione privata, e che invece si ritrova al centro di una lapidazione continua. Tutti si sentono in diritto e anzi in dovere di scagliare la prima pietra: i colleghi, gli insegnanti, la tata, i capi, e chi più ne ha più ne metta (le altre mamme sono della partita, naturalmente, e riescono ad essere le più feroci).
Giusto per chiarire, ecco la mia giornata-tipo: mi alzo alle 7, colazione per tutti, preparo il bimbo e vado in ufficio. Dalle 9 alle 19, quando, volente o nolente devo spegnere tutto per andare a casa, se no la tata mi si inalbera (e se la perdo sono dolori). Se il pupo ha mangiato bene, se no preparo da mangiare per lui e intanto che lui cena io faccio da mangiare per me e mio marito. E poi si gioca, si disegna, si chiacchiera di quello che è successo. Verso le 9 ceno, e alle 9.30 è l’ora della nanna: pigiama, pipì, denti, raccontami-una-storia, anzi-due, vorrei-il-latte, una-coccola, mi-sono-ricordato-una-cosa, ho-avuto-un’idea… Alle 10 stramazzo sul divano. Le cose che davo per scontate non esistono più: senza arrivare alle uscite dopo cena, si parla banalmente di farsi una doccia dopo il lavoro. Ma come faccio a rubare ancora 10 minuti a un bambino a cui ho tolto 10 ore del mio tempo per un dettaglio come il mio lavoro?
Conosco altre mamme che si sentono come me. Magari qualcuna non se la mena tanto, ma nella sostanza la questione non cambia. E allora ecco la mia proposta: distribuiamo coca gratis fuori dalle scuole. Alle mamme, però. Così magari saranno all’altezza.
14 commenti:
Tutti mi consigliavano la Papaya fermentata, bustine da mettere sotto la lingua che ti ricaricano dandoti un energia che a Hulk gli dai fuoco alle orecchie ... per ora la mia pelle non è diventata verde e Morfeo mi abita sulle spalle... forse firmo la tua petizione ;)
Tieni duro!
Spero di non risultare indelicato nell'espressione del mio pensiero di non genitore.
a) L'inadeguatezza che provi deriva davvero da ciò che altre persone ti dicono oppure, dentro di te, pensi di non dare abbastanza a tuo figlio?
b) la situazione attuale era prevedeibile prima di averlo, il figlio?
C'é chi, a differenza di te, dopo aver risposto a queste due domande, decide di lasciare il lavoro prima o di non averlo proprio, un figlio.
Chi sceglie nella tua direzione, invece, dovrebbe aver pensato e messo in conto questa tua "situazione" e riuscire a viverla con serenità.
@ popale: prendo nota della tua adesione, grazie :)
@ marco: non sei indelicato, se apro un discorso del genere non mi aspetto che tutti mi diano ragione. ed ecco quello che penso:
a) essere mamma - anzi, diciamo genitore - e sentire di non dare abbastanza è tutt'uno. solo gli inconsapevoli sfuggono a questo assioma. e però so anche di fare per mio figlio tutto quello che posso, che, a dir la verità, è anche più di quello di cui lui necessiterebbe. anche in questo so di avere buona compagnia.
b) quando decidi di avere un figlio pensi anche (se sei una donna, e se hai avuto fino a quel momento un certo successo professionale) che a te non succederà, che ce la farai, perché hai già fatto fronte a situazioni belle toste cavandotela brillantemente. nessuno ti viene a raccontare l'ineluttabilità di quanto succederà. del resto, se si conoscessero tutte le sfumature implicate dal fare un figlio, nessuno ne farebbe, o per lo meno nessuno che abbia qualcosa da perdere.
decidere di lasciare il lavoro? e perchè mai? tralasciamo pure le considerazioni di carattere economico, ma perchè dovrei rinunciare completamente alla mia vita precedente, quella che mi sono scelta e costruita con venti anni di studi e poi lavoro, lavoro, lavoro? non sono forse una mamma migliore se sono soddisfatta anche di quello che faccio fuori casa? al contrario: nn fare un figlio, perchè? forse che tutta la mia vita dovrebbe riassumersi nel lavoro? non è un po' triste?
marco, non mi sento in una situazione senza uscita, non più. ho fatto le mie scelte, in tutti i sensi, e mi sento bene. quello che però mi fa veramente incazzare sono quelli che si ergono a giudici delle vite altrui. queste persone intaccano la serenità di chiunque, non importa quanto zen possa essere.
giuliana, che vita dura... e che doppia batosta, prima sul lavoro e poi nella vita privata. Ora capisco meglio perché ti sei inalberata tanto su mammenellarete sulla questione "responsabilità".
E' una cosa che sento molto anch'io, un pericolo per me ancora soltanto all'orizzonte, ma in rapido avvicinamento. Io sto per sposarmi e sentire il tuo racconto mi fa un certo effetto. Tra l'altro, lavorando nel fantastico mondo della pubblicità, è da un po' che mi sto chiedendo che cavolo di futuro mi aspetta. Boh. I miei "fari" per ora sono quei pochi, pochissimi creativi che ho conosciuto e che sono sposati e hanno figli.
vincenzillo, quello che è successo a me è la norma, purtroppo, e dopo tanto tempo me ne sono fatta una ragione. ma sentire queste mamme perfette che sputano sentenze no, proprio non lo mando giù, anche perchè parlano a vanvera, il più delle volte. auguro loro con tutto il cuore di non dover mai prendere una decisione su un problema di salute dei loro figli, perchè in quel caso non so come si regolerebbero, se sulla base della loro presunta e presuntuosa "responsabilità", o fidandosi dei medici, e zitte e mosca. ecco, qui queste cose posso dirle, già questo mi fa sentire meglio :)
Vedo solo commenti di uomini per il momento e adesso mi ci aggiungo anch'io che vivo all'estero e non ho figli...
I giudizi ingiusti che ci racconti mi ricordano di come l'Italia abbia completamente abbandonato qualsiasi discussione femminista (o comunque sui ruoli maschili e femminili). Dopo aver affrontato il problema durante gli '70, l'Italia crede di sapere gia' tutto, ed eccoci qui, nel 2008, a pensare che mamme e "donne in carriera" siano abitanti di pianeti diversi. I padri sono ovviamente intoccabili, e le loro "priorita'" sono sempre al posto giusto. Che tristezza!
Tieni duro, Giuliana, e in bocca al lupo.
lajules, per fortuna un po' di movimento (ri)comincia a spuntare, ma è sempre più difficile perché le istanze controriformste sono oggi più dure che mai.
grazie della solidarietà :)
Ciao, grazie per tante cose, per Benni e per essere passata a votare sul mio blog. Torna quando vuoi :)
ps
Se non mi specifichi con 1°, 2° e 3° (e non con i semplici 1, 2 e 3) i voti li considererò dati in ordine crescente (dal terzo posto al primo)
Ciaooooo
Non sei inadeguata, sei stupenda. Cerchi solo di fare del tuo meglio, per te stessa come mamma, come donna, come moglie. Credimi, non è affatto poco. E' solo maledettamente difficile.
Un abbraccio fortissimo.
p.s. se accettano la tua proposta mi metto in fila anch'io fuori dalla scuola ;-)
Pensa, questa proposta era stata fatta dai mitici Broncovitz un po' di anni fa in una delle loro pubblicità su La Tv delle Ragazze!
L'ho sempre trovata geniale!
Comunque, nonostante i miei figli comincino ad essere un po' più indipendenti, in fila mi ci metto anche io: l'età ha bisogno di un aiuto! ;-)
Tutte cazzate, giuli. Sai come la penso no. E credo che in fondo sia come la pensi tu.
Nessuno ha diritto di esprimere giudizi su situazioni che non conosce e facendoti influenzare tu dai loro troppo spago.
Ti ho letta su mammenellarete, poi non avevo voglia di rispondere, bisogna avere tempo per certe cose e ti giuro che io le mie unghie le ho mandate a farsi benedire con meno di cinque figli!
Un abbraccio e grazie per il voto da Baol!
@ labelladdormentata: sì, mi ricordo la finocchiaro in versione mamma-perfetta-e-donna-in-carriera, che confessava candidamente: "sniffo" :D
@ annachiara: non riesco a considerarle cazzate, non è una cazzata una community di mamme i cui membri ragionano sulla base di pregiudizi e seguendo principi che farebbero impallidire anche mia nonna. a te non sembra che si stia tornando indietro? a me sì, e mi fa molta tristezza...
Beh, in parte sono cazzate sicuramente. In parte, secondo me, sul web si travisa molto il pensiero dell'altro e soprattutto nessuno arrentra mai di un millimetro.
Non so se hai seguito la polemica scaturita dal modo di mandare avanti la blogaction di Panzallaria, tra Panzallaria e Flo. Secondo me, quello è il classico equivoco dovuto al frainetndimento, e poi ci si mette anche sempre in mezzo qualcuno che spara parolacce e insulti per non saper che dire. E, come al solito, si rovina tutto. Sient'amme: io continuo a pensare che la relazione a pelle, quella de visu, quella che vedi le unghie rotte, i peli sul viso, e senti la puzza o il profumo dell'altro/a, è l'unica veramente veritiera. Anche se, certo, annusare tutti quelli che conosciamo attraverso il blog è quasi impossibile.
Io però vorrei proprio annusarti, a te! ;-)
annachiara, forse è come dici tu. qui però non parliamo di fraintendimento, ma proprio di posizioni aprioristiche, il che è molto più complesso e, forse, non cambia neanche con l'annusamento.
desiderio reciproco, peraltro :)
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