Periodicamente, parlando di social networking in un’ottica di marketing, sorge l’immancabile obiezione: “Ma uno su Internet può fare quello che vuole, assume un’identità diversa, è qualcun altro…”. Io non credo che l’identità online di una persona sia altro rispetto a quella “di fuori”; per lo meno, credo che al massimo si possa mostrare una parte che offline non emerge, ma è pressoché impossibile, salvo che in caso di patologie che però qui non è il caso di approfondire, costruirsi un sé ideale totalmente slegato da quello reale. Intendo dire che se uno online svolge attività equivoche, tanto per dirne una, significa che come minimo non è una persona di specchiata virtù nel mondo rotondo: almeno nel suo immaginario questa identità di malamente c’è già, anche se poi come al solito i vicini dicono che “era una così brava persona”.
Ovviamente il discorso è più complesso di così, ma in sintesi il presupposto è che l’identità di una persona è formata da una serie di tratti che possono anche non manifestarsi mai. Oppure, manifestarsi sono al verificarsi di determinate situazioni, per esempio in un ambiente che dà la sensazione di potersi costruire un solido anonimato, come è Internet.
Ora, non so che idea di me venga fuori da queste pagine. E tuttavia c’è una cosa che credo emerga, perché è la mia croce da sempre: sono timida. A volte addirittura invisibile. Per essere certa del risultato, mi sono esercitata a lungo su questo task. Quando vado a prendere un caffè al bar, per esempio. Nessun barista mi vede. Mi passano davanti vecchi, bambini, signore affannate e neocafoni con fiatone. E io non riesco a ordinare il mio caffè. Oppure, altro classico, sono sempre convinta che gli altri non si ricordino di me, e così se incrocio per strada uno che non vedo da molto e lui non fa per primo un gesto di riconoscimento, io non lo saluto. Perché mi sentirei troppo in imbarazzo a spiegargli chi sono e come ci siamo conosciuti, dove ci siamo incontrati, ecc. ecc.
Mediamente questa timidezza non costituisce un ostacolo per nessuna delle mie attività (escludendo naturalmente quella interstiziale del caffè), ma a volte non mi consente, diciamo così, di godere al meglio delle situazioni più “sociali”. Prendiamo ad esempio la BlogFest, tanto per non archiviarla ancora, dopo solo una settimana. Quale migliore occasione per fare comunella e magari conoscere “dal vivo” le persone che quotidianamente leggo e mi leggono? Appunto. Si può dire che ci sono andata apposta. E molto convinta, anche: “vedrò Tizio, conoscerò Caio, chiederò una cosa a Sempronio…”. Poi sono arrivata – poco dopo la tromba d’aria, credo. Ho preso il badge. Era lucido. Impossibile scriverci su, tanto valeva scolpirlo o usare una bomboletta.
“Pazienza”, dice. Seee, macché. Se il badge non parla per me, figuriamoci se parlo io. Scatta la modalità invisibile, quella del caffè, per capirci, anzi del bar. Insomma, non è così tragico, in realtà, ho incontrato qualcuno e chiacchierato con altri, mica sono stata tutto il tempo sola sotto la pioggia. Però al rientro ci sono state una serie di persone che mi hanno detto qualcosa del tipo: “C’eri anche tu? Ma dài!!!”. Ecco.
Allora, io so che non se ne esce. Per incocciarsi ci vuole altro che una BlogFest, così grande, festosa, bagnata. La prossima volta avviserò, descriverò come sarò vestita all’evento in questione, in modo che mi si possa riconoscere. E poi pregherò che siano gli altri a farmi un cenno di saluto, anche piccolo piccolo, giusto per mettermi a mio agio e dimostrare di vedermi, non come al bar. E poi mi porto un pennarello grosso di quelli indelebili per scrivere sul badge, che sennò siamo punto e daccapo. Che ne dite?
4 commenti:
secondo me il badge nonscrivibile ha avuto la sua parte di responsabilità ...
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O chiedevi: chi sei?
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Oppure non lo si poteva sapere, e anche chiederlo a tutti ...
Non è timidezza, è educazione e riservatezza. Lo stesso è capitato a me, a Squisito! di san Patrignano (noi non avevamo neanche il badge per riconoscerci).
Ok, ci penserò io la prossima a farti conoscere qualcuno tanto lo sai che io, problemi di timidezza non ne ho!
:-P
Maurice, vorrei tanto che fosse così. non so te, ma io tendo a patirle abbastanza queste situazioni...
ragion per cui accolgo con entusiasmo l'offerta di antonio, di cui conosco perfettamente la disinvoltura (diciamo così ;))!!!
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