Non potevo esimermi, non dopo aver passato la domenica sera ad ammorbare marito che mi vedeva twittare come una pazza, seduta sullo stesso divano ma immersa in tutt’altri mondi.
È che io questa puntata qui da Report proprio non me l’aspettavo. E sì che mi ero anche detta “guarda che rimani delusa, Report è pur sempre un programma televisivo”, ma poi ci contavo lo stesso.
Ci contavo sul fatto che Report (escludendo Current, l’unico programma dove si fa giornalismo di inchiesta in Italia) potesse essere più attento e consapevole, profondo e argomentato.
E invece. Alcune considerazioni.
1. Facebook, Google & Co. non sono enti benefici
Fanno i soldi? Buon per loro. Offrono un servizio, che a quanto pare la gente gradisce. Questo servizio ha un costo? Ovvio. Provate voi a mettere insieme 500 milioni di persone che si parlano e poi ditemi che ce l’avete fatta aggratis e che continuate a farlo per passione.
2. Ti rubano i dati? No, ti rubano i contenuti che tu decidi di rendere pubblici
Tutto quello che condividiamo sui Social Network diventa patrimonio pubblico. Questo noi che ci lavoriamo lo sappiamo, ma ora bisogna che lo imparino anche quelli che non sono così sgamati. Iniziamo dai nostri amici, dai nostri figli. Se diciamo a nostra nipote 14enne che è meglio che non posti la sua foto in bikini mollemente adagiata a bordo piscina, o al nostro amico che se esce a cena con una che non è sua moglie è preferibile che ce lo racconti al telefono, piuttosto che scriverlo sulla nostra bacheca FB; se facciamo questo spieghiamogli anche perché. Prima o poi capiranno.
3. I dati dei singoli non sono significativi ai fini della strategia di marketing di un’azienda
Una tesi singolare, tra le tante enunciate ieri sera, è stata quella per cui “le aziende ci monitorano”. Ora. Se sto lavorando per un’azienda è assai probabile che io guardi che cosa ne dice la gente in rete e quali sono gli utenti che possono essere più interessati a quello che propongo. Posso spingermi fino a individuare 20 persone che sono tagliate su misura per me. Ma, ciò detto, che dietro ci sia Tizio o Caio o Sempronio, per me non fa nessuna differenza. Né andrò ad importunare Tizio, Caio o Sempronio per rifilargli il mio prodotto – lo faccio se sono Facebook, perché è il mio modello di business; di cui apprezzo, ad esempio, che se cerco una notizia sul terremoto in Giappone non devo vedermi sparare sulla pagina un video pubblicitario di una telco. I monitoraggi lavorano su dati aggregati, dietro i quali non ci sono singoli ma gruppi omogenei che condividono pratiche, caratteristiche e gusti.
4. Se invadono la tua privacy è perché tu gliel’hai consentito
L’esempio di tagetizzazione di Facebook veniva fatto sulle donne che lavorano in Rai e che hanno dichiarato di essere omosessuali. Ritengo che se una persona scrive sul suo profilo FB di essere omosessuale vuol dire che non considera questo un problema, e suppongo anche che il suo entourage ne sia al corrente. Se così non è, è stato quanto meno incauta a renderlo pubblico. Lo stesso discorso vale per qualunque cosa che ci riguardi, ovviamente, comprese le foto e i video dei nostri figli che poi vengono “rubate”: come potete pensare che verranno viste solo dalla famiglia? Però potete condividerle, creando ad esempio un profilo privato. Oppure, meglio ancora, non condividetele affatto. I nonni le vedranno quando andrete a trovarli.
5. L’educazione e la formazione sono out of scope
C’è solo un problema, su questo tema: l’impreparazione. Non c’è educazione e nessuno si prende la briga di farne. Se fai un servizio su questi temi, non mostrarmi come si fa a rubare un profilo, o per lo meno dimmi anche come renderlo più sicuro, il mio profilo.
La paura non insegna niente, paralizza e basta. Il numero di post su FB ieri sera che preconizzavano suicidi virtuali e rottamazioni di device era impressionante. È come dire che guidare l’auto è pericoloso, e scegliere di non averne una per questo. Non è più sensato imparare a guidare?
La cosa che mi ha dato più fastidio è stato il fatto che un reportage così me lo sarei aspettato da Vespa – sai che bello il plastico della rete? – e non dalla grande Milena. Che rimane grande, ma prima era anche senza macchia e senza paura, adesso una macchia ce l’ha. E anche un sacco di paure.
14 commenti:
Cara Giuliana, condivido: Report è finito sulla classica buccia di banana. Se è vero che il mezzo è in parte anche il contenuto, più che aver paura del drago serve dare gli strumenti per diventare dragon trainer. Alla fine si tratta di algoritmi. Un problema antico d'una società che non s'è scrollata di dosso il fantasma d'un controllo occhiuto da parte di "poteri forti", del tutto interessati a seminar paura e combattere sperimentazione e ricerca: non c'era un certo Galilei che... ?
condivido, mi è sembrata la solita armata brancaleone di luoghi comuni e terrorismo x mamme ansiose. però devo dire una cosa, x me è la seconda volta che scivola, è successo anche in un'altra occasione in cui ha parlato di un argomento che conosco bene....
Bel post e condivido il ragionamento. Bisogna però aggiungere che quando i giornalisti generalisti (particolarmente in tv) parlano di un argomento che conosci approfonditamente, sono inevitambilmente semplificatori e superficiali.
Probabilmente è un fenomeno che accade in tutti i campi: il profano non coglie le sfumature dell'esperto (senza contare che spesso anche gli esperti su un certo tema professionale sono estremamente divisi).
Esiste inoltre un conflitto di interessi e reciproca diffidenza fra tv e Internet (che non c'è fra radio e Internet), per cui è probabilmente è difficile che il concorrente parli sempre bene del concorrente.
Molte trasmissioni radio integrano Internet nel loro flusso (twitter, e-mail, streaming, Facebook), cosa che invece le trasmissioni tv per ora tendono ad evitare.
Tutto ben detto: molto chiaro e molto semplice. Cosa ci voleva a dirlo in TV?
@yogasadhata credo che dare un certo taglio ad un'intera trasmissione non sia un questione di sfumature, ma proprio una scelta. né ha senso il discorso per cui la tv generalista deve adattarsi ad un target generalista. non venga a raccontarmi la gabanelli che la segue la sciura maria: il pubblico di report siamo noi, che ci facciamo venire l'ansia ogni domenica sera e ci indigniamo e twittiamo e ad ogni causa che le fanno noi vorremmo essere lì con lei. alla sciura maria non può interessare report, suvvia.
sulla rivalità tra tv e internet sono con te, però qui è questione di onestà intellettuale e senso critico: qualità che ho sempre riconosciuto a report e che ieri sera sono drammaticamente mancate
@lanterna eh, però non mi hanno invitato :D
Io non ho visto la puntata, quindi non parlo in merito al suo contenuto. Posso solo dire che coloro che lo seguono, credono a Report e questa mattina mia madre è venuta a dirmi di guardarmi la puntata che avrei imparato qualcosa sul computer, che uso tanto. E a questo punto, se le informazioni di Report sono quanto meno un po ' sopra le righe, chi lo guarda ci crede e da informazione che si pensa di fare, si crea invece solo una gran confusione. Per il semplice fatto che mia mamma che non ha mai acceso un computer ha già dei pareri sui social network, e questi vengono da là.
Cara Giuliana, mi hai lasciato LETTERALMENTE senza parole, nel senso che i concetti da te espressi li avrei scritto io, magari peggio.
Senza piaggeria, TU hai scritto un pezzo giornalistico....Report non ha realizzato un prodotto "degno" della propria tradizione!
Sic et simpliciter.
@michaelforni
Sono un pò di corsa e non ho letto i commenti (confesso di non aver visto la puntata, ma ho letto millemila commenti sui blog, più o meno tutti dello stesso tenore, la puntata me la rivedo aniway) vorrei solo postare un piccolo commento polemico/costruttivo: la Gabbanelli fa televisione, cerca la notizia, la quale deve necessariamente essere ascoltata/letta; più gente ascolta la notizia, più successo ha la trasmissione. FB raccoglie un numero altissimo di pubblico interessato: temo che Report questa volta abbia peccato di superficilità, e non avendo "lavoratori" diretti nella rete non sia riuscito a cogliere i principi fondamentali. Succede anche alle migliori famiglie (ora chiediamoci se le puntate su altri argomenti fossero tutte così approfondite: io adoro report e mi fido, faccio bene?)
@luciebasta anch'io adoro report, per questo ci sono rimasta così male...
Mi pare che le critiche siano più superficiali dell'accusa mossa.
Non critichi in sostanza il concetto ma il modo in cui è stata sviluppata l'inchiesta.
Il che rientra nell'ambito della chiacchera.
O una cosa è vera oppure è falsa, se ho cucinato la pasta scotta, ciò non toglie che questa pasta sia stata cucinata.
Secondo me è rimasto deluso chi credeva che facebook fosse uno strumento di libertà tout court e non un recinto dove in realtà ci si chiude da soli ed è questa la cosa più bizzarra.
Facebook non è internet, signori, big Doogle non è internet, ricordatevelo.
Spero che non ci sia mai un unica porta d'ingresso, perchè il guardiano potrebbe decidere chi può e chi non può entrare e cosa deve vedere chi entra.
@anonimo ogni messaggio acquisisce un significato a seconda del contesto in cui è inserito. le due cose insieme sono "il testo", che in questo caso è la trasmissione.
quello che è stato detto non è falso in sé, è tuttavia fuorviante la modalità con cui è stato trattato.
è nella trasmissione che facebook appariva come l'intera internet, e google come il grande fratello. non fuori, non per me.
quello che critico è il taglio che è stato dato, la superficialità con la quale si è fatto passare un messaggio che la sciura pina ha letto come "internet è pericolosa". il che ci mette nella condizione di dover recuperare ancora una volta tutti i pregiudizi che internet si porta dietro "nel mondo rotondo". però se queste cose le dice Vespa hanno un peso, se le dice la Gabanelli ne hanno un altro.
sul merito delle cose sono d'accordo con te, un'unica porta d'ingresso non fa bene a nessuno.
però, tu che sei così saggio, perché non ti sei firmato? ;)
Proprio perchè sono saggio.
Dimmi un pò, se su facebook lascio la bava come le lumache tra gli amici vicini e lontani compiangendo gli zii morti anzitempo di X e un'assicurazione Y cui chiedo sarebbe capace di fare 2+2?
O più banalmente se le mie idee anarcoidi, comuniste, fasciste o il mio orientamento sessuale non collimano col pensiero di chi deve analizzare il mio curriculum, posso pagare un prezzo salato per essermi dato la zappa sui piedi?
Non è un mio diritto saperlo?
Occhio che il web è ancora giovane, propongo un giuoco divertente:
Qualcuno sa qual'è il "social" più censurato?
Secondo voi perchè?
Perche somiglia terribilmente a...
Saluti, vado a preparare il pranzo
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