domenica, aprile 08, 2012

Buon viaggio


- Chi è quel bel moretto?
- Chi, Giovannino?
-
- … è fidanzato…

Una domenica di agosto. Poteva essere il 1936, anno più anno meno. Carmela viveva a Roma, a casa del fratello, ma d’estate tornava a Potenza a trovare la famiglia. Carmela sognava di andare a lavorare nella fabbrica di paracadute, a Roma, perché le ragazze che stavano lì erano tutte allegre quando uscivano a gruppi dalla fabbrica, e avevano una spilla a forma di ali. Una spilla a forma di ali che Carmela si sognava la notte. Era bellissima, la voleva anche lei.

Ma Carmela era troppo giovane per la fabbrica, e allora stava valutando di accettare di seguire lo zio, che voleva portarla in America (“In America?” “Sì, in America, Carmela, potrai studiare…” “In America… potrei diventare una scienziata” “…”).

Poi però quella domenica aveva visto Giovannino, il bel moretto. Che somigliava a Cary Grant, altroché. E aveva deciso che non sarebbe andata a lavorare alla fabbrica di paracadute, e non sarebbe andata neanche a studiare in America.

Portava il cappello, Carmela. Non usciva mai senza rossetto. Fumava. Non somigliava neanche alle sue sorelle e alle sue cognate, che a Potenza non potevano, niente cappello, niente rossetto, niente sigarette.

Che fatica. Ma alla fine lei aveva scelto.

Carmela ha vissuto 97 anni, ha avuto 4 figli, 7 nipoti e 4 pronipoti. Ha visto lauree e matrimoni, nascite e battesimi, per quattro generazioni. Ha avuto un ruolo in ciascuna di queste cose. Per esempio quando io comunicai ai miei genitori che volevo andare a studiare a Bologna, e loro non ne volevano sapere, lei si mise in mezzo. È stata durissima, ma sono andata. E poi, più tardi, quando divenne chiaro che se fossi andata via non sarei tornata più, lei mi prese da parte e mi disse “vattene, Giuliana, scappa, e non tornare più. Non ti preoccupare per i tuoi, gli passerà”. Sono partita e non sono tornata più. Forse era un modo per dire che le sarebbe piaciuto andare in America, chissà, e diventare una scienziata.

Fino alla fine ha preteso il parrucchiere una volta la settimana. Costretta da una brutta artrite a portare i guanti, li ha voluti bianchi, anche se di lana. Quando si è risvegliata dall’anestesia dopo l’operazione al femore, la prima cosa che ha detto è stata “e adesso che cosa mi metto?”. E qualche giorno dopo ha chiesto a mia sorella di portarle il rossetto.

Poi ha iniziato a chiedere di Giovannino, il bel moretto.

Quando l’ho vista per l’ultima volta, libera dalle sofferenze degli ultimi tempi, ho sorriso vedendo i guanti bianchi e ho desiderato di metterle il rossetto. Non l’ho fatto perché mi avrebbero guardato male, ma so che lei avrebbe apprezzato. Ci sono viaggi troppo importanti per farli così, senza un filo di trucco. E poi stava andando a ritrovare Giovanni.

Buon viaggio, nonna, e salutami il nonno.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho avuto nonne tremende.
Amate e odiate.
Più odiate onestamente.
Ma la madre di mio padre me la ricordo comunque bellissima, sempre perfetta ad uscire, sempre la piega fatta e quel tocco di rossetto.
Mia madre avrebbe avuto il diritto di odiarla con ogni fibra che aveva in corpo e invece quando è morta ha raccomandato alle onoranze funebri di ricordarsi il suo rossetto, la nuance esatta, e prima di chiudere la cassa ricordo che disse "E' un peccato mettere via una cosa così bella".
Ora piango a quel ricordo.
Forse sarò fortunata e l'amore prevarrà.
Nel tuo dolore la fortuna che hai avuto è grande.
L'amore è sempre la cosa essenziale.
Tu lo hai avuto.
Non dimenticarlo mai.
Ti abbracci tanto Giuliana. Forte forte.

Alessio ha detto...

Io non ho storie di nonni da raccontare ma le ho sempre cercate, e per questo ascolto sempre quelle degli altri con emozione sincera. Non conosco ció che racconti ma lo capisco fino in fondo perchè l'amore si lascia capire sempre. Un bacio e un abbraccio.

Anonimo ha detto...

Mi hai commossa..questi sono i legami famigliari che non ho ma che voglio creare da me in poi...spero di riuscirci come ha fatto la tua cara nonna...che il suo viaggio sia sereno!

zio burp ha detto...

Io, che l'ultimo nonno l'ho salutato nel 1991, penso che sia una salutare figata potersi conservare dei nonni anche da adulti. Perché più passa il tempo più capiamo cosa abbiamo preso da loro, dai geni, al carattere, agli "insegnamenti".
Questa Carmela poi, come la descrivi tu, sembra un personaggio da romanzo. Dovunque sia ora, di certo ha il rossetto.
Buon viaggio, Carmela.

M di MS ha detto...

Sì, questa tua nonna sembra uscita da un romanzo.
Adesso che è libera dalle sue catene anche voi sarete liberi di ricordarla con il meglio di sè.

vale ha detto...

le ho pettinato i capelli e messo la crema in viso, le ho tenuto la mano mentre mi diceva non ti preoccupare, avrai una bella vita.
e mi ha chiesto di Giovanni, il suo Giovanni: dov'è, quando arriva.
è stata la migliore complice di tutti i nipoti, l'unica depositaria dei tormenti e dei segreti dei nostri anni adolescenti.
voleva vedere tutti i figli sposati, poi tutti i nipoti laureati; è andata oltre, ha visto i pronipoti.
è stata una grande nonna, e una grandissima donna.
grazie giuli per averla raccontata