lunedì, febbraio 13, 2012

Se l'arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescoviscostantinopolizzasse... E se lo facessero i blogger?


Se l'arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescoviscostantinopolizzasse, ti disarcivescoviscostantinopolizzeresti tu? 
No, io non mi disarcivescoviscostantinopolizzerei mai se l'arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescoviscostantinopolizzasse!
Leggo il post di Gianluca Diegoli Perché i blogger non esistono, e mi viene in mente questa filastrocca. Sono passati pochi anni da quando dei blogger hanno iniziato ad essere corteggiati dalle aziende – ricordo tra le prime Barilla e Danone – e questa figura ha già al suo attivo un’automitobiografia di tutto rispetto. Che vive su una grande contraddizione, che cercherò di illustrare.

Il blogger è, nella sua accezione originaria, qualcuno che scrive per sé in uno spazio personale. Questo spazio rimane personale anche se usato a scopi professionali – lo stesso Gianluca è un esempio di questa affermazione: minimarketing non è una testata giornalistica, non vive di pubblicità, non è il mestiere di Gianluca, anche se i temi che tratta sono di carattere professionale. Un blog è uno spazio personale, quindi, perché, tendenzialmente, non si riceve alcun compenso da quanto ci si scrive; non solo: le incursioni delle aziende sotto forma di richieste di recensioni, di diffusione di informazioni, di partecipazione ad eventi, hanno nel tempo creato una forte spaccatura tra chi accetta questa presenza tra le sue pagine di buon grado e anzi volentieri, e chi invece la considera un bieco tentativo di non pagarsi la pubblicità, sfruttando gli editori.
Quindi, punto primo: il blog è sempre uno spazio personale, le cui politiche di pubblicazione dei contenuti, a prescindere dalla fonte, sono del tutto lasciate al libero arbitrio del suo autore.

È probabile che un blogger che parla di qualcosa in particolare, però, voglia che il suo blog sia per lui uno strumento di promozione. Che vuol dire che attraverso il blog condivide le sue competenze e la sua professionalità, per mostrarle (oltre che a chi è interessato/appassionato della materia) a chi può avere interesse verso la persona del blogger medesimo. Una specie di CV o di portfolio vivente, insomma. Che cosa succede all’idea di “spazio personale” quando le cose stanno così? Niente. Di fatto, quello che fa un blogger è disintermediare l’informazione, che lo faccia per lui o per un brand: se mi sto informando su un prodotto, è assai probabile che prima di andare sul sito ufficiale del medesimo io mi faccia un giro sui blog delle persone che ne hanno parlato, perché per definizione mi fido più di un mio pari che di un’azienda. Attenzione, però: bisogna che i blog a cui mi rivolgo siano indipendenti, se no siamo da capo a 12.
Secondo punto: un blog ha un valore nella misura in cui disintermedia l’informazione azienda-consumatore (o, per estensione, head hunter-candidato). Ma per fare questo deve essere indipendente.

Quando le aziende hanno scoperto i blog questi assiomi hanno iniziato a scricchiolare sotto il peso di domande sui massimi sistemi: “Questa cosa mi interessa davvero, ma se faccio un post-marchetta la mia reputazione ne sarà intaccata?” che vuol dire “I miei lettori continueranno a fidarsi di me?”. Dalla mia esperienza, più che di blogger, di lettrice di blogger, mi viene da dire che è un falso problema. Se sei davvero interessato alla cosa di cui stai parlando i tuoi lettori capiranno che la passione che ci metti è sempre la stessa. Quindi vai tra e stai scialla. Altri, invece, intravedono in questo un’opportunità professionale tout court, per cui quello di blogger può diventare un mestiere in sé.
E qui si apre la grande contraddizione: quando il blogger vuole essere riconosciuto professionalmente (che non è il caso di chi si pone le domande di cui sopra), l’equilibrio tra i contenuti “spontanei” verso quello dei contenuti “provocati” si sposta sensibilmente in favore di questi ultimi (parlo a livello globale, non di singolo blog), e viene meno, secondo me, la funzione di disintermediazione. E non perché il singolo blog non sia più indipendente di per sé, ma perché abbiamo di fatto trasformato i blog (l’insieme dei blog) in un ulteriore strumento di intermediazione dell’informazione. Che così diventa un percorso del tipo: brand/azienda-agenzia-blogger-consumatore, dove il blogger e il consumatore non sono necessariamente la stessa cosa.
Da cui il terzo punto, la grande contraddizione: se i blog diventano strumento dell’azienda/brand, si introduce un livello ulteriore di intermediazione, e i blogger si trasformano in PR (aka BraccioArmatoDell’UfficioStampa).
Ma, IMHO, non sono più blogger.

Per rispondere a Gianluca. I blogger esistono, ma non sono quelli a cui pensano le aziende. Peccato, poteva essere bello.

10 commenti:

Sowmya Sofia Riccaboni ha detto...

Bellissimo pezzo.. personalmente ricevo decine di comunicati stampa ogni giorno, ma scrivo poi solo di quelle cose che mi interessano davvero e sempre avendo prima cura di "testare" o "provare" un eventuale prodotto... quindi esistono blogger che restano tali pur leggendo i comunicati stampa... :)

Giuliana ha detto...

Sowmya, sono una di quelli. i comunicati stampa no, non li cestino solo per tenere traccia dell'approccio, che spesso è ingenuo e poco tarato sui blog, ma non ne faccio mai niente. se invece mi si propone qualcosa che per me è interessante, cerco di non tirarmi indietro,e non mi faccio problemi.
qui il problema era soprattutto rispetto a coloro che vorrebbero che fare il blogger fosse una professione...

mammafelice ha detto...

Beh, io lo ritengo una professione :)
Nel mio caso, tu, quindi, come mi inquadreresti?

Giuliana ha detto...

mammafelice, ti ho pensato molto mentre scrivevo, e se non sbaglio ne abbiamo anche parlato, in passato, per cui hai sempre conosciuto la mia posizione in merito.
credo che il lavoro che hai fatto e che fai tu sia sono impropriamente da definirsi blogger. nel senso che il tuo profilo è molto più ricco e vasto di quello di un blogger qualsiasi: intorno al tuo blog c'è una community, tu offri servizio, non solo condivisione di contenuti.
tu sei una sorta di evoluzione della specie, se così possiamo dire. in una direzione, peraltro, che non credo sia alla portata di tutti.
come ti inquadrerei? non lo so, per ora mi pongo le domande, poi, prima o poi, troverò anche le risposte. forse.

mammafelice ha detto...

Evoluzione della specie è bellissimo, grazie, quasi una vittima del darwinismo 2.0 :D

Io mi sono sempre definita 'blogger' perché non sono una giornalista e non faccio giornalismo (nel senso di politica, attualità, cronaca...) ed effettivamente scrivo su un formato blog. Blog inteso proprio come 'formato editoriale', se mai esistesse questo termine, nel senso di: articoli veloci, non particolarmente intelligenti, ma comunque in presenza di una minima organizzazione editoriale.

Il termine forse non esiste, come tu dici. Ma mi piacerebbe. Almeno per sapere cosa dire di me. :)

Flavia TTV ha detto...

sei una professionista che usa una piattaforma blog per produrre e organizzare contenuti di valore e di servizio per una community.
(non sei una blogger nel senso di qualcuno che si ritaglia uno spazio suo per scrivere un po' quello che gli pare quando gli pare)
ecco, ho detto un sacco di banalità e di certo non ci sta su un biglietto da visita, vero? :)

Antonella ha detto...

@mammafelice tu non sei una blogger... Macchinadaguerra ci sta sul biglietto da visita? ;-)
@giuliana bel post. Condivido tutto e cerco e risposte.

Maria Michela ha detto...

Questo post mi è piaciuto un sacco!
Io adoro il mio blog perché dopo tanti anni di soprusi lavorativi posso finalmente esprimermi senza dover subire delle direttive idiote :)

Barbara Bueno ha detto...

Ciao Giuliana,

Interessante il tuo post, mi fa pensare alle varie discussione che avevo in classe quando studiavo giornalismo all'università'. Si parlava di imparzialità': esiste davvero?

Forse già siamo circondati da sponsor ovunque guardiamo. A volte i giornali iniziano a parlare di certi argomenti perché hanno dietro sponsor importanti.

Credo sia possibile mantenere una certa onestà di opinione nei blog, ma forse per crescere bisogna spostare le conversazioni sui argomenti che potrebbero interessare agli inserzionisti /sponsor.

Forse in futuro non ci sarà piu' posto per i troppo piccoli? Con tanti social networks, google che perde fiato in relazione a facebook.... vediamo un po' come andrà a finire.

Speriamo bene.

A presto,

Barbara

Mamma Che Paura! ha detto...

ciao, ti ho nominata per un premio. Se ti va passa da me...