“Papà, che significa destra e sinistra?”
Avevo più o meno l’età di Gabriele. Mio padre e i miei zii facevano politica attiva, a vari livelli e in vari modi; mio nonno ci raccontava con un misto di compiacimento e infinita tristezza di quando era nel sindacato e i fascisti non lo facevano lavorare; i miei cugini mi trascinavano ai comizi in piazza per le amministrative del loro paesino, e mi insegnavano gli slogan da scandire. E a 11 anni i miei insegnanti di prima media mi hanno portato in manifestazione con uno striscione più grande di me.
Tutti insieme hanno fatto la mia educazione politica. Mi hanno insegnato i valori dell’impegno civile, del lavoro, della partecipazione. Mi hanno insegnato che cosa significa credere in qualcosa, mi hanno insegnato il senso critico.
Più tardi sono venute le canzoni di Guccini e di Gaber. A darmi uno spunto in più per esercitarlo, quel senso critico.
La cosa che mi sconcertava di più, fino a qualche tempo fa, era questa: come farò a trasferire questi valori a mio figlio? Come farò, se questi valori non li vedo da nessuna parte?
Ma anche: sono fatta male io? Se non mi avessero insegnato lo spirito critico sarei amministratore delegato della Fiat o delle Ferrovie dello Stato?
E poi è arrivata questa campagna elettorale. Come quelle di quando ero bambina, che non mi pareva vero. E ho raccontato, spiegato.
“Mamma, chi vince comanda?”
“No, Gabri, chi vince governa”
Forse siamo ancora in tempo: per trasferire valori, per trovarceli attorno, per dare e citare esempi, per esercitare il nostro spirito critico e insegnarlo ai nostri figli. Che se diventeranno amministratori delegati di qualcosa lo dovranno anche a questo. Forse. Spero.
Abito a Milano da 17 anni, e stamattina per la prima volta mi sono sentita milanese. Meridionale, ma milanese.
Con in testa due canzoni: la libertà di Gaber e l'inno nazionale. Chissà come mai.
Grazie sindaco, da una che ci credeva ma che si sentiva stupida a farlo.
6 commenti:
Mi son commossa, da una che non ci credeva ma che ha visto la democrazia all'opera
“Mamma, chi vince comanda?”
“No, Gabri, chi vince governa”
bellissimo post, grazie!
ci pensavo adesso. io sono arrivata nel '94, quando berlusconi ha vinto le elezioni e l'italia ha perso i mondiali. quindi a milano per me c'è sempre stato berlusconi.
che per me che venivo da bologna e da parigi significava la morte civile, i barbari, cultura per le élite e macchinoni e privè delle discoteche. ho sofferto molto, i primi tempi, poi mi sono lasciata anestetizzare un po' e poi non ci ho fatto più caso, ci si abitua a tutto.
ma adesso. forse. speriamo.
Grandi figli da grandi genitori.
Il mio parigino mi ha telefonato la settimana scorsa: "Papà, mi sono arrivate le schede dei referendum. Mi spieghi cosa sono e come votare?"
Il cielo è sempre più arancione, non solo a Milano.
Quante aspettative, Pisapia!
Al di là di tutti i problemi concreti credo che quello che i milanesi si aspettano di più sia di essere FELICI.
Spesso si dice che i milanesi vogliono essere ricchi.
Invece, è' da troppo tempo che siamo depressi. E la ricerca della felicità è una spinta più forte di tante altre.
il cielo arancione, sì, teniamocelo stretto, maurice. e mettiamoci in testa che per tenercelo dobbiamo lavorare, vigilare. su chi governa, innanzitutto, per dargli supporto e tirargli le orecchie se ce ne sarà bisogno.
la sinistra non ha esperienza di governo, è inutile che ci prendiamo in giro, e una cosa è la politica locale, un'altra quella nazionale.
è vero, MdiMS, le aspettative sono alte, altissime, a me farebbe una paura pazzesca. e anche questo obamismo. mamma mia. obama infatti ci è rimasto sotto.
ma noi abbiamo gli strumenti: questa campagna elettorale ci avrà pur insegnato qualcosa. ad essere cittadini, come minimo, e a far sentire le nostre ragioni.
in bocca al lupo a tutti.
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